Maremma Libertaria n 19



Né la loro guerra, né la loro pace. Per la rivoluzione sociale


La guerra è arrivata fin davanti alla porta delle vostre case. I militari che stazionano nelle strade ne sono la dimostrazione. I controlli rafforzati in strada fanno sparire centinaia di immigrati nei campi di deportazione. Gli sbirri sono in apprensione e applicano una tolleranza zero schiacciando tutti coloro che non restano all’interno dei ranghi. I giornalisti fanno penetrare il messaggio del potere nelle nostre teste. E il denaro piove per finanziare la lotta contro «la minaccia».
Il piano annunciato dal governo di controllare ogni casa di Molenbeek, e in seguito, come dubitarne, ogni casa nei quartieri popolari, è rivelatore di quale sia il reale obiettivo: gli esclusi, i poveri, i clandestini, i ribelli. Lo Stato sfrutta l’occasione di un atto sanguinario di guerra a Parigi per dare un giro di vite. E dà un giro di vite prima di tutto a livello mentale: che si parteggi per i soldati dell’Isis, o per i soldati dello Stato. È la pura logica della guerra. I due campi ci disgustano entrambi, e per la stessa ragione: tutti e due cercano di imporci il loro potere e la loro legge. L’uno nel nome del capitalismo e del regime democratico, l’altro nel nome della religione e della costruzione del nuovo Stato del califfato. E tutti e due perpetrano massacri. La sola differenza è che uno usa i bombardieri e l’altro utilizza i kamikaze.
Entrambi hanno un nemico comune, un nemico mortale: la libertà. Lo Stato qui schiaccia la libertà per garantire lo sfruttamento capitalista e l’abbrutimento tecnologico. Lo Stato laggiù la schiaccia per imporre la sua legge che considera divina. Nella guerra che si fanno l’un l’altro, a subire le maggiori perdite sono le lotte per la libertà. Qui, come là. E non dimentichiamo che la guerra è letteralmente prodotta anche qui: le industrie di armamenti vanno a pieno regime, i centri di ricerca inventano armi sempre più micidiali e perfide, le imprese della sicurezza conoscono un boom senza precedenti.
Di fronte allo stato d’emergenza, alla guerra che si appresta a divorarci, è ora di uscire dai ranghi. Uscire dai ranghi di ogni potere, si definisca democratico o islamico. Uscire dai ranghi per creare spazi di lotta per la libertà, per non soccombere al fatalismo rassegnato del bagno di sangue.
Il luogo di incontro per i disertori dalle loro guerre e dalla loro pace fatte di sfruttamento feroce, per i ribelli contro ogni potere, è la lotta per la libertà. Una battaglia da condurre oggi con i clandestini contro le frontiere e le deportazioni, con i non sottomessi che lottano contro la costruzione di una maxi-prigione a Bruxelles, con tutti coloro che lottano contro le misure repressive e di austerità (le due facce della stessa medaglia) del governo. È qui che occorre soffiare forte sul fuoco. Perché, mentre lo Stato decreta la mobilitazione totale e ci ingozza con la sua ideologia securitaria, mentre invia il suo braccio armato nelle vie in cui abitiamo, mentre si appresta a soffocare ogni battaglia per la libertà, non si può restare disarmati. Le nostre armi sono quelle della libertà: il coraggio di pensare da soli; la determinazione di sabotare i loro edifici, le caserme, le aziende, le prigioni; la solidarietà fra ribelli.
I tempi a venire saranno difficili e sanguinosi. Ma è nelle tenebre che si riesce a veder ardere più radiosamente i fuochi di libertà, contro ogni Stato e contro ogni potere.
Anarchici (manifesto affisso a Bruxelles )

Se non capiamo non abbiamo futuro. O, come dicono gli indios Aymara, il futuro è alle nostre spalle, il passato è davanti a noi. La Storia non ragiona su tempi brevi. Rumina per decenni. Decenni. C’è qualcuno, fuori dalla Francia, che ricorda cosa accadde a Parigi il 17 ottobre 1961 ? Una manifestazione di algerini per la pace e l’indipendenza in Algeria, allora ancora colonia francese, fu attaccata dalla polizia francese: 11000 arrestati, centinaia di feriti e almeno, secondo le stime più prudenti, 130 morti. La Senna restituì per settimane i cadaveri di manifestanti bastonati e gettati nel fiume. Uno dei ministri di allora si chiamava Mitterand. La Storia è indifferente alle ipocrisie delle anime belle,alle dimenticanze e rimozioni, la Storia può essere una crudele partita di giro. Tutto il resto è dolore, straziante,nobile, umano, inutile. (Cani maremmani )


I buoni propositi…..
La prima cosa che fecero nel 1871 i rivoluzionari a Parigi, dopo aver proclamato la Comune, fu quella di fucilare tutti gli orologi, mentre a Barcelona nel 1936 toccò a statue e mummie religiose.
Il tentativo era comunque quello di riprendere in mano la propria vita, il tempo,la memoria, senza padroni, orari e castigatori divini. Consci che il lavoro salariato imposto dai padroni era una gabbia mortale al pari della morale imposta dalla chiesa. Bakunin in Dio e lo Stato scriveva :” Dio appare , l’uomo si annienta, e più la divinità si fa grande, più l’umanità si fa miserabile. Ecco la storia di tutte le religioni . Ecco l’ effetto di tutte le ispirazioni e di tutte le legislazioni divine. Nella storia ,il nome di Dio è la terribile vera clava con la quale tutti gli uomini divinamente ispirati ,i “grandi geni virtuosi”, hanno abbattuto la libertà ,la dignità, la ragione e la prosperità degli uomini”.
Per cui ha ben poco peso e significato il nostro occidentale calendario papale che scandisce tempi e orari che non ci appartengono. Duemila16 o millequattrocento, anno della scimmmia o del cinghiale, l’unico tempo che riconosciamo è quello liberato dalla schiavitù dell’uomo sull’uomo, quello del naturale fluire delle stagioni non più piegate da uno “sviluppo” forsennato e distruttivo. Quindi, ora e sempre,
dalla Maremma Libertaria che fu di Luciano Bianciardi, il nostro pensiero e solidarietà attiva va a tutti i fratelli e compagni incarcerati, ristretti, perseguitati, costretti alla clandestinità , alla fame, alla fuga, a vivere lontani dai propri cari e dal proprio paese, va a tutti coloro che non chinano la testa e non smettono di sognare, lottare, ribellarsi, per una società senza sfruttati, per una comunità di liberi, uguali, solidali. Sognando l’anarchia, dalle colline metallifere, la redazione sparsa per il mondo intero
Maremma Libertaria

Voi, i cristiani, gli ebrei, i musulmani, i buddisti, gli scintoisti, gli avventisti, i panteisti, i testimoni di questo e di quello, i satanisti, i guru, i maghi, le streghe, i santoni, quelli che tagliano la pelle del pistolino ai bambini, quelli che cuciono la passerina alle bambine, quelli che pregano ginocchioni, quelli che pregano a quattro zampe, quelli che pregano su una gamba sola, quelli che non mangiano questo e quello, quelli che si segnano con la destra, quelli che si segnano con la sinistra, quelli che si votano al Diavolo, perché delusi da Dio, quelli che pregano per far piovere, quelli che pregano per vincere al lotto, quelli che pregano perché non sia Aids, quelli che si cibano del loro Dio fatto a rondelle, quelli che non pisciano mai controvento, quelli che fanno l’elemosina per guadagnarsi il cielo, quelli che lapidano il capro espiatorio, quelli che sgozzano le pecore, quelli che credono di sopravvivere nei loro figli, quelli che credono di sopravvivere nelle loro opere, quelli che non vogliono discendere dalla scimmia, quelli che benedicono gli eserciti, quelli che benedicono le battute di caccia, quelli che cominceranno a vivere dopo la morte…
Tutti voi,
che non potete vivere senza un Babbo Natale e senza un Padre castigatore.
Tutti voi,
che non potete sopportare di non essere altro che vermi di terra con un cervello.
Tutti voi,
che vi siete fabbricati un dio “perfetto” e “buono” tanto stupido, tanto meschino, tanto sanguinario, tanto geloso, tanto avido di lodi quanto il piu’ stupido, il piu’ meschino, il piu’ sanguinario, il piu’geloso, il più avido di lodi tra voi.
Voi, oh, tutti voi
NON ROMPETECI I COGLIONI!
Fate i vostri salamelecchi nella vostra capanna, chiudete bene la porta e soprattutto non corrompete i nostri ragazzi.
Non rompeteci i coglioni!»
François Cavanna (uno dei fondatori di Charlie Hebdo)
«Tutti hanno pianto quando ci hanno sparato e ucciso, dimenticandosi di essersi augurati la morte di questo giornale che aveva osato prendere per il culo i religiosi di tutte le religioni.Ora ci criticate di nuovo, Andate affanculo». ( comunicato di Charlie gennaio 2016 )
“E il papa ha detto, e l’imam ha detto , il rabbino dice. Oooohhh ci avete rotto gli stramaledetti maroni. L’operaia dice che ve ne dovete anná tutti a fare in culo. Io sono devota alla birra ed al rock & roll. Non se puó piú di tutto sto pretame in ogni media”
( Isotta Siciliani, operaia, dicembre 2015)
E’ purtroppo venuto a mancare Roberto Benigni, il figlio del popolo, il giullare irriverente, il compagno del grande Carlo Monni in questa scena meravigliosa, l’artista che calcò i teatrini, le case del popolo e i circoli arci della Toscana tutta, riscattandoci per un attimo con un sorriso gioioso e forte. Il grande artista, lo scendiletto papale, quello pare ancora vivo, ma rappresenta bene la mutazione genetica di una terra che fu indomabile.
https://www.youtube.com/watch?v=0hxf2m6BIoY  (film Berlinguer ti voglio bene- noi siamo quella razza…)

Desiderate! Al bando le passioni tristi e i bolliti misti, che si fottano i mendicatori di real politik, che vadano definitivamente in pensione tutti gli orfani di partito pronti a sgolarsi ad ogni novità elettorale che puzza di socialdemocrazia la mattina per poi rientrare nei ranghi finito lo spettacolo della sera. Che ognuno riscopra la bellezza di rispondere alla domanda “che cosa vogliamo?: vogliamo tutto!”
Di strada ce n’è ancora molta da fare, lì sulla strada ci rincontreremo…

(Stefano Raspa)

Questo è un paese di bigotti, egoisti, tirchi nell’animo, analfabeti nei sentimenti,infami nella vita. Borghesi piccoli piccoli, impauriti, cani rognosi che azzannano la ragione come fosse un osso, che ti vogliono imporre la loro morale già nauseabonda con il condimento di una tonnellata di ipocrisia. Baciapile, ingolla ostie, paraculi e mafiosi che si fanno tre o quattro famiglie e pretendono di legiferare su cosa sia la famiglia, la morale, l’amore. Fascisti nell’animo qualunque sia la loro etichetta del momento, figli di una incultura per cui il diverso, la minoranza, è, al più, un caso da trattare con paternalismo peloso, anche se ribattezzato dal Papa 2.0 “misericordia, perdono, amore”. In questo Paese, dove individui miserabili come Rutelli, Bertinotti, Lindo Ferretti, Benigni, tanto per fare qualche nome, coprono il loro vuoto da esseri satolli trasformandosi in zerbini cattolici,è possibile che persone come me o te siano trattate come individui di serie b per il loro modo di amare. Altro che porte sante da aprire ! Ginsberg sessanta anni fa scriveva: ” Togliete le serrature dalle porte ! Togliete anche le porte dai cardini !” Ecco, oggi c’è bisogno di questo, smettiamo di bussare e pietire i diritti fondamentali. Dedicato ai miei amici, quelli che “eh questo Papa Francesco è fenomenale, lui sì che è di sinistra”….poveretti. (Stefano Erasmo)





Quella sera a Milano era caldo…..
Bruno Vespa ( sì, era già al tg 1 ) quella sera annunciò che Valpreda era uno dei colpevoli. E tutta la stampa, tutta, sposò entusiasta le veline della questura, le veline del ” vecchio” questore Guida, già direttore fascista del carcere di Ventotene, e del “moderno” commissario Calabresi, che si spacciava “amico” di Pinelli, che lo convocò in questura vivo, e, dopo tre giorni di fermo illegale, lo fece uscire morto. Alla vedova di Pinelli, avvisata della morte dai giornalisti,che gli telefonò per sapere come mai non si fosse dato neppure pena di avvisarla, Calabresi rispose “sa, signora, avevo molto da fare”. A leggere oggi i libri di Camilla Cederna, ti arrabbi ancora più di allora. Perchè capisci che il meccanismo, la stampa, il potere e i suoi servi, sono rimasti uguali. Perchè Pinelli non ha avuto nessuna giustizia. Perchè la Cederna non ha avuto nessuna via intitolata a Milano,nè la borghesia, nè altri ne parlano, perchè lei, borghese, non ebbe paura di cercare la verità. A margine invece, noto l’avanzare della causa di beatificazione del commissario Calabresi, e la carriera di suo figlio, prossimo direttore di “Repubblica”. Auguri. Amen.
( Erasmo)
Non tutti però credono alle veline. Duemila persone sfilano al funerale di Pinelli, coi pugni chiusi e le bandiere nere. Pochissimi in confronto ai cortei dell’epoca, ma a Licia sembrano “tantissima gente se pensi alla paura di quei giorni, al linciaggio. All’Università solo in 23 avevano firmato quella lettera in cui dicevano di non credere al suicidio di Pino. E tutto il quartiere era circondato da polizia e carabinieri. Polizia dappertutto”
Giorno dopo giorno, man mano che emergono sempre più le contraddizioni e l’inconsistenza probatoria della pista anarchica, si sgretolano anche le affermazioni infamanti sulla figura di Pinelli. Anche Calabresi cambia versione smentendo il suo stesso questore: “Non avevamo niente contro di lui, era un bravo ragazzo, l’avremmo rilasciato il giorno dopo”.
Ma in questo modo fa crollare uno dei pilastri a sostegno dell’ipotesi del suicidio, il cui movente risiedeva nel fatto che Pinelli si sentisse incastrato a fronte di gravi indizi di colpevolezza.

Continua a leggere http://www.carmillaonline.com/2015/12/15/un-granello-di-sabbia4/
e questo http://ilmanifesto.info/storia/pietro-valpreda-e-la-cronaca-vera/

Carteggi ritrovati
Egregio Sig.Pasolini, vengo a Lei con questa mia lettera, dato che stimo Lei uno dei maggiori scrittori realisti.  Signor Pasolini, ho 27 anni, e da dieci anni lavoro in miniera dove prima lavorava mio padre: i miei zii, ora, sono morti per causa della polvere. Non so se Lei ha un’esperienza di miniera. Vorrei sapere se le fosse possibile fare un racconto su tale caso.  Anzi anche il settimanale cui lei collabora è da circa un anno che ci aveva promesso un’inchiesta sui minatori, specialmente su quelli della Maremma. Il settimanale “Vie Nuove”, il nostro settimanale, nella miniera in cui lavoro su cento operai sessanta lo leggono. Sono rimasti delusi, volevano da tempo avere visto l’inchiesta sui minatori. Signor Pasolini, Le chiedo a nome di tutti i minatori di fare qualcosa per noi, scrivere qualcosa sulla vita che facciamo. Se volesse un abbozzo, un soggetto, per poi ricavarne un racconto ne sarò lieto. A me piace scrivere, ho fantasia, e ogni tanto scrivo qualche racconto, 100-200 pagine. Lei capirà dallo scritto stesso che ho fatto soltanto la prima elementare e per questo non posso presentare i miei lavori: sbagli di ortografia, virgole e altri errori. Signor Pasolini mi scuserà se le chiedo troppo, se le fosse possibile mandarmi un registratore. Come le dico le mie possibilità finanziarie non mi permettono, mentre credo che se lei vuole potrebbe. Vorrei registrare un racconto commovente di 150 pagine, l’ho intitolato così “La morte di un compagno“. In questo racconto di umana fede è la vita disperata dei minatori che lottano tra la vita e la morte di un compagno a un lavoro umano. Mi scusi.
Distinti saluti.                                 Giuliano Sorresina, Via della Porta 8, Gerfalco (Grosseto)
La sua lettera mi commuove molto, caro Giuliano. Io conosco molti giovani come lei; ne conosco di nuovi, si può dire tutti i giorni. Essi parlano in dialetto, o in un italiano molto semplice e rozzo, tuttavia quello che hanno dentro, la loro forza vitale o la loro forza morale, riesce sempre a esprimersi. C’è il calore della presenza, della loro parola, della loro attenzione. In Lei sento questa stessa forza vitale e morale, di molti suoi coetanei operai, o contadini, o disoccupati ma poiché Lei mi scrive, e non mi parla – e la sua lettera (dato che Lei, come scrive, ha fatto solo la prima elementare) non può avere la stessa efficacia naturale del discorso – quella sua forza intima risulta come compressa e avvilita. L’incertezza della sua calligrafia, i suoi errori di grammatica, la difficoltà dell’espressione, sono come  una gabbia dentro cui è imprigionata la sua anima, che è appunto possibilità di espressione  e di comunicazione. Ma che forte, inquieta, ribelle, speranzosa, prigioniera, quest’anima! Capisco perfettamente il suo bisogno di un registratore! É certo che Lei vuol sfuggire dalle strettoie della sua scrittura appena elementare, poiché ha tante cose da dire, ha una sua legittima protesta da esprimere, che la viva voce  le è assolutamente necessaria. Vedrò dunque di accontentare il suo desiderio. Ma, nel tempo stesso, sento il dovere di consigliarLa a non scoraggiarsi davanti alle difficoltà dello scrivere. S’impegni  tutti i giorni, a  scrivere un po’, a ricopiare  pezzi di libri buoni, pezzi di articoli  di giornali, o legga a lungo, a voce alta i passi che le interessano, mettiamo di  “Vie Nuove” o si rivolga a un maestro, a una maestra del suo paese, perché,  la domenica, la sera dopo il lavoro, l’aiuti a finire quegli studi che, a eterna vergogna della nazione in cui è nato, non è riuscito a compiere, neanche nei minimi limiti dell’istruzione elementare. Se Lei sente dentro di sé oltre che dei sentimenti, anche il bisogno di esprimerli, non cerchi, per farlo, il modo più facile, ma il più difficile; Lei ha il dovere, davanti a se stesso e a suoi compagni di farsi da solo un’ istruzione, di progredire. Sa quanti socialisti e comunisti, che adesso occupano posizioni importanti e di responsabilità nella lotta politica, hanno cominciato così! Questo è il primo passo che un operaio deve compiere nella sua lotta ideologica contro la classe sociale che lo vuole ignorante e intellettualmente impotente. È un primo passo personale, individuale, particolare, lo so: ma tuttavia quello che la spinge a farlo è la fede politica che Lei ha, ed è soprattutto per essere utile a questa fede politica – che significa poi il riscatto totale e popolare di una nazione – che Lei ha il dovere, lo ripeto, di migliorare. Le auguro dunque che venga presto il giorno in cui Lei potrà scrivere da solo e con efficacia la testimonianza del mondo del lavoro in cui vive; dei dolori e delle ingiustizie  di cui ha esperienza (…). Se “Vie Nuove” vi ha promesso di fare un’inchiesta o un articolo sul vostro lavoro, faccio mia quella promessa; e appena avrò un po’ di tempo libero – ossia dopo febbraio – verrò a Gerfalco a trovarvi ed a ascoltarVi. Così potremmo  discutere meglio quello che dicevo all’inizio di questa lettera, in cui per forza di cose, non ho potuto  essere che troppo breve e approssimativo. Mi perdoni e mi saluti  con la più calda simpatia tutti i compagni. (P.P. Pasolini)
(lettera fine anni ’50 pubblicata su  cantieriperdaxius.wordpress.com )


Per devastazione e saccheggio la condanna varia tra gli 8 e i 15 anni. I compagni anarchici arrestati in Italia e in Grecia per gli scontri del 1 maggio a Milano questo rischiano. Rischiano quello che una marea di assassini, mafiosi, corrotti, fascisti, razzisti che quotidianamente, tranquillamente, devastano, razziano, saccheggiano, insultano questo Paese e chi gli si oppone, con la complicità aperta dello Stato e dei suoi apparati, mai rischieranno, anzi, molti di loro avranno posti dirigenziali in partecipate, scranni nei consigli comunali e in parlamento, ossequi inviti e baciamano nei salotti televisivi, per poi, alla fine, ergersi a censori, moralizzatori, fustigatori dei costumi, forcaioli scatenati sulla pelle degli altri. Appunto, sulla pelle dei nostri compagni, anche quelli appena arrestati. Non vi fate intimorire o fregare dal coro. Libertà sempre e comunque per i compagni arrestati. L’unica giustizia è quella immaginaria.( Ulisse)


La notte del 10 novembre 1995, Ken Saro Wiwa, grande scrittore e artista,ed altri otto partigiani del Movimento per la Sopravvivenza del Popolo Ogoni venivano impiccati, a sangue freddo, in combutta con le multinazionali petrolifere, dal corrotto regime militare nigeriano. Oggi, a vent’anni esatti dalla loro dipartita, ricordiamo questi uomini coraggiosi, uomini di pace e giustizia, quali esempio della lotta ineludibile del popolo nigeriano contro il colonialismo petrolifero, per la salvaguardia dell’ambiente, per il diritto alla salute di milioni di donne e uomini.
Ken Saro Wiwa è morto. Evviva Ken Saro!


La vera prigione ( K. Saro-Wiwa)

Non è il tetto che perde
Non sono nemmeno le zanzare che ronzano
Nella umida, misera cella.
Non è il rumore metallico della chiave
Mentre il secondino ti chiude dentro.
Non sono le meschine razioni
Insufficienti per uomo o bestia
Neanche il nulla del giorno
Che sprofonda nel vuoto della notte
Non è
Non è
Non è.
Sono le bugie che ti hanno martellato
Le orecchie per un’intera generazione
E’ il poliziotto che corre all’impazzata in un raptus omicida
Mentre esegue a sangue freddo ordini sanguinari
In cambio di un misero pasto al giorno.
Il magistrato che scrive sul suo libro
La punizione, lei lo sa, è ingiusta
La decrepitezza morale
L’inettitudine mentale
Che concede alla dittatura una falsa legittimazione
La vigliaccheria travestita da obbedienza
In agguato nelle nostre anime denigrate
È la paura di calzoni inumiditi
Non osiamo eliminare la nostra urina
E’ questo
E’ questo
E’ questo
Amico mio, è questo che trasforma il nostro mondo libero
In una cupa prigione.


Letto per voi :
Ci sono libri che sono tuoi, parlano della tua gente, rinnovano i tuoi ricordi, spolverano i tuoi sogni. E allora gli perdoni tutto, anche le pecche.Che ci sono a nostro parere: la copertina, la mancanza di foto, che esistono e avrebbero accresciuto il valore del libro, la mancanza, pur capendo che non si poteva fare una enciclopedia, di personaggi fondamentali, come il minatore massetano Silvio Quintavalle, che abbiamo già ricordato su queste pagine e quelle del gruppo su fb. E di cui voglio ricordare la testimonianza di Maurizio, oltre la mia quando racconta ” ricordo benissimo la sua chitarra, proprio quella della foto.Frequentai la casa di Silvio per le lezioni di anarchia che lui con entusiasmo mi propose.Quando arrivavo sua figlia chiudeva le imposte ricordando i brutti tempi del fascismo. Quando ci lasciò lo accompagnammo con una bandiera anarchica e i pugni chiusi, andava a Livorno a cremarsi,veramente una leggenda. Aveva grande rispetto di tutti i movimenti antagonisti, al punto che ci concesse di attaccare i nostri fogli e giornali sulla bacheca anarchica che dopo la sua morte noi mantenemmo”. Queste persone ti rimescolano il sangue nel senso giusto. Perchè, forse, quella Maremma ribelle non c’è più, però c’è il suo buon esempio e i racconti. Le storie dei dimenticati, dei nessuno che hanno fatto la Storia. Perchè vollero essere tutto, e videro danzare la nuda vita. E come scrive Alberto Prunetti “bisogna raccontare le stesse storie con parole sempre nuove. Come si faceva nella cultura popolare, alla veglia, davanti al camino o al fresco dell’aia: per tramandarle alle nuove generazioni, per rendere quelle storie lettera viva. Quelle storie le avevamo abbandonate, quei compagni li avevamo dimenticati. Il mondo è cambiato, ci dicevano,quelle storie non parlano più al presente, ci dicevano. Eppure i nemici di quei compagni dimenticati non hanno neanche cambiato nome e fanno le stesse cose. Pestano ragazzini, assaltano centri sociali, aggrediscono i rifugiati. La loro ideologia non invecchia, quella dei sovversivi sì. Così ci dicevano intrappolandoci tutti nel sogno di un altro. Ecco, questo è un tentativo di tirare fuori i compagni dimenticati dal sogno che li vuole inutili eroi di un’epoca scomparsa. Quei compagni servono vivi, con le loro passioni, ansie,coi loro sogni palpitanti e coi loro errori madornali. ” E allora iniziamo a conoscerli quei compagni sconosciuti, i Marchettini, Biancani, Mori, Nozzoli, l’oste di Prata….quelli che,latitanti,fermati dai gendarmi nei boschi dell’alta maremma, alla domanda sul dove andassero, risposero: si va pel mondo !
Per ripartire,saldi in queste radici. (Stefano )
PCSP piccola controstoria popolare, Alberto Prunetti, Alegre ed.

Letto per voi: Diario inedito-malamente
“Da ragazzo vagavo spesso per la strada,osservando le persone che incontravo, nutrendomi dei loro volti, delle loro espressioni, delle loro rughe che parlavano spesso della loro vita meglio di tante parole. Mi immaginavo dietro ogni faccia una storia, un’infanzia, sorrisi e dolori, sogni paralleli ai miei persino, ma che non avrei conosciuto mai. Come un navigatore solitario cercavo di scrutare in questo mare di umanità misteriosa, qualche isola di simili, e spesso mi stupivo di trovarli non solo fra i miei compagni generazionali, ma anche fra i diversi di ogni genere ed età, persone la cui sensibilità traspariva nella scelta di vita. Enzino ci comprava delle caldarroste o dei semi, prima di declamarci poesie in ottava rima o improbabili programmi anarchici. Tullio,metteva l’amaca nel parco, e si faceva un caffè sul camping gaz, ma al posto dell’acqua ci metteva il vino, e riusciva pure a fartelo bere. Simpamino, di notte fornaio, di giorno manovale, che a scala quaranta scartava sempre i due perché gli stavano sulle palle, si vantava di sapere tutta la Divina Commedia a memoria, e di fare con un litro di vino tre km.
Mi è rimasta la curiosità di leggere le persone, i loro volti, fotografarle, fotografare tutto, nel tentativo di fermare e ricordare per non lasciar sfuggire neppure una stilla di vita, la vita che ci stordisce, la vita che ci fa battere il cuore e la testa nei muri. Ma adesso, se mi fermo a guardare, i più fuggono, o mi scrutano con sospetto. Il sospetto ha ucciso l’innocenza, lo stupore, l’umanità. E il sorriso, il sorriso dov’è finito?”




Letto per voi : Kobane, il partigiano Karim Franceschi
http://www.repubblica.it/cultura/2016/01/08/news/saviano_foreign_fighter_libro_tonacci-130812959/

Letto per voi: Nomadelfia il kibbuz ultracattolico in Maremma
Maremma ultracattolica simil Kibbuz : Nomadelfia
L’articolo non lo dice, ma da qui uscì Paolo Maurizio Ferrari, uno dei fondatori nel ’70 delle BR. Irriducibile, disse alla sua madre di vocazione di non scrivergli più. Uscito dal carcere dopo 33 anni, arrestato lo scorso anno per gli scontri alle manifestazioni no tav in Val di Susa
https://news.vice.com/it/article/dentro-nomadelfia

Letto per voi: storia di emigrazione, amore e anarchia
Emigrazione, italia, Brasile, amore, anarchia, l’affascinante storia di donne del secolo scorso…
http://storicamente.org/emigrazione-femminile-in-brasile


” Per l’imperialismo è più importante dominarci culturalmente che militarmente. La dominazione culturale è la più flessibile, la più efficace, la meno costosa. Il nostro compito consiste nel decolonizzare la nostra mentalità. ” Thomas Sankara
Qui articolo sul festival del cinema che organizzava…
http://www.cinemaitaliano.info/news/15452/fdp53-capitaine-thomas-sankara-la-vita-di.html

Film: Terra e libertà    di Ken Loach
come gli stalinisti favorirono la vittoria del fascismo in Spagna….
https://www.youtube.com/watch?v=_7cNCV7n

Film: Germania in autunno    di R.W. Fassbinder
dal film Germania in autunno di R. W. Fassbinder, i funerali di Andreas Baader, Gudrun Ensslin, Jan Carle Rasp uccisi in carcere, 1977è una scena bellissima, girata dal vivo, racconta bene due cose, il crepuscolo di un movimento e la solidarietà forte, vera, per chi ne facesse parte, anche se lontani da noi politicamente..

Film: il vento fa il suo giro (recensione a 11 anni di distanza)
“Il film è breve e la storia peculiare, ma questo non gli impedisce di sviscerare egregiamente due piani sovrapposti e compenetrati. Da un lato c’è il tema della cultura occitana, della sua persistenza, delle sue caratteristiche, ma anche, più in generale, della difesa e della resistenza delle culture subalterne, “vinte” e dunque a rischio scomparsa. Dall’altro, il film descrive lo scontro tra una società chiusa e le novità esogene, destabilizzanti, nel film rappresentate dal confronto tra comunità e famiglia francese ma che rimanda al tema più complessivo ed estremamente attuale del rapporto tra società diverse…..”  (Giorgio Diritti)
http://www.militant-blog.org/?p=12729

Calcio ! Letto per voi:
St Pauli siamo noi   di Marco Petroni    ed. Deriveapprodi


St Pauli è il nome del quartiere portuale di Amburgo e della sua squadra di calcio. Un quartiere segnato da mille contraddizioni: da sempre punto di forza dello sviluppo commerciale della città e luogo di lotta; focolaio di resistenza all’ascesa delle squadre naziste e sede di insurrezioni sempre fallite.
Nella prima metà degli anni Ottanta il quartiere è segnato da miseria e abbandono, ma rinasce attraverso i palazzi occupati della Hafenstraße, roccaforte del movimento autonomo e crocevia di tutte le battaglie politiche e sociali dell’epoca, e il Millerntor, piccolo stadio di calcio, all’interno del quale, sotto la bandiera dei pirati e al grido di «Mai più guerra, mai più fascismo, ma più serie C», prende forma una nuova tifoseria e un nuovo modo di intendere il calcio.
Il St. Pauli FC, squadra con la fama di «club di perdenti», diventa così la bandiera calcistica della sinistra radicale, della scena squat, degli antagonisti e dei punk dell’intera Germania. Grazie ai tifosi e alle loro battaglie contro il razzismo, prima sulle gradinate e poi all’interno della struttura societaria, il St. Pauli FC diventa il simbolo di una comunità sincera, capace di esprimere la passione popolare per un calcio liberato da ogni forma di discriminazione.
Un libro che non è solo il ritratto di una tifoseria simbolo internazionale di antagonismo, ma anche la storia di un quartiere da sempre ribelle che, negli anni Ottanta, diventa il luogo di maggiore concentrazione della scena radicale tedesca.

Per una nuova fotografia sociale : Portogallo , quarant’anni dopo, Stefano Pacini
una foto non smette mai vivere…
http://www.stefanopacini.org/wordpress/portogallo-quarantanni-dopo.html
http://www.ilreportage.eu/2015/03/un-fotografo-contadino-al-servizio-della-rivoluzione-intervista-a-stefano-pacini/

Per una nuova fotografia sociale: intervista a Tano D’Amico
questo incontro nasce in margine all’invito rivolto a Tano d’Amico dall’Associazione
14 IMAGINE il 6 novembre dell’anno scorso a Siena, la versione completa sarà ospitata
da il lavoro culturale .


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S.P. -Ma allora quando hai iniziato con la fotografia ?

Tano – Ero tornato per Natale e dissi a mia madre che sarei ripartito per capodanno, e al “perchè ? “ di mia madre dissi che dovevo lavorare, non potevo dirle di essere stato lasciato e quanto fossi cambiato in questi 15 mesi, e lei “ dove vai ?” risposi Roma, una metropoli, non potevo dirle una città vicina. Andai a Roma e non avevo nè arte nè parte, facevo i lavori più umili, tanti, andai in un teatro leggendario, il Beat ’72, non avevo mai i soldi per entrare ma avevo la faccia pulita, mi misero ad amministrare gli incassi, dovevi mettere i soldi in un grande foulard a seconda delle persone, come la torta, si facevano le parti…c’erano Rava, Schiano, jazzisti famosi, adesso,facevo di tutto, foto, piccoli testi…

S. P. – quindi hai cominciato al Beat ’72…

Tano – No, anche prima…

S.P. – Sì, però diciamo che lì hai iniziato in maniera più organica….

Tano – No, nemmeno, mi inventavo queste cose, e quelle più difficili le davano a me, come mettere a dormire i musicisti, magari i neri di Chicago che i borghesi li immaginavano con i tamburi e ne erano terrorizzati…mi facevano fare di tutto, intanto arriva il ’68, faccio turni notturni negli uffici…ero bravo anche a dire perchè non andassero bene certe foto mentre i miei compagni si compiacevano di essere sulle prime pagine dei giornali, e durante le assemblee, se esiste un destino, hanno iniziato a dire “ le foto le fa Tano “, ma io mi rifiutavo, perchè nella mia vita da pezzente potevo seguire le cose dal loro nascere al loro morire…

S. P. – diventi fotografo…

Tano- ancora no, non potevo, non volevo, tanto che sono l’unica persona al mondo che ha fatto scatenare i servizi d’ordine non perchè aveva fatto le foto ma perchè non le aveva fatte ( risate ) ero in piazzale Clodio, era la prima volta che Valpreda compare davanti ai giudici, ero in fila con tutti gli altri, arrivano delle persone di Potere Operaio e mi dicono “sei qui ?! E perchè non fai le foto ?! “. Scoppia un casino…e gli dico che il giorno dopo sarei andato in Sardegna, e mi mandano affanculo…arrivo a Porto torres in nave, mi incammino a piedi, mi sento chiamare da un gruppo di ragazzi, che poi mi abbracciano e baciano…gli avevano telefonato, feci delle foto che fecero da testata al giornale Potere Operaio del lunedì…esiste un destino, si sparge la voce, poi vado a Gela che lì stavano arrestando tutti, e faccio un lavoro sull’assenza su questi bimbi che si ritrovavano in piazza da soli a chiedersi dove sono gli altri…lì vengo a sapere che sta per uscire un nuovo giornale….

S. P. – Lotta Continua, quotidiano, che iniziò nell’aprile del ’72…

Tano – sì, mi dicono di andare da Adriano Sofri, che avevo già conosciuto, per portargli queste foto, e il n 2 di Lotta Continua esce con una foto in notturna dei bimbi di Gela, che mi potevo permettere di fare le foto a luce ambiente senza flash perchè non avevo fretta, ero come Vivian Mayer, non avevo fretta, cercavo la perfezione, il fuoco sugli occhi dei bambini nel 90 mm, e il lavoro andò bene, e ricordo una cosa commovente, che quelli di Potere Operaio capirono che non ero nè degli uni nè degli altri, che ero un’altra cosa, e che dovevo essere pagato. Era commovente il fatto che si riunissero per decidere quanto pagarmi, che avessi da mantenere un affitto, la cena, e potessi andare al cinema…veniva fuori una bella somma che non mi hanno quasi mai dato, non li avevano, ma era anche commovente il fatto che dicessero “ Tano, non abbiamo soldi, ma ovunque andrai in Europa tu avrai un letto e un piatto di minestra”. Ed è stato così, mi ricordo le prime interviste che mi facevano i giornali di fotografia “ ma come cazzo fai, a marzo eri in Irlanda, poi in Germania dagli emigranti siciliani”…

S. P. – ti davano da mangiare, da dormire, ti accompagnavano…

Tano – se io avessi dovuto fare da solo non ci sarei riuscito….

S.P. – a guardare quelle foto si vede una luce nei volti…e si legge anche la loro storia….

Tano – C’è una foto che mi piace molto: dentro a delle baracche di emigrati italiani in Svizzera in uno specchio si vede una parte della mia faccia mentre fotografo, e uno che si era lavato sotto quello specchio,vedo che dice “ sei ancora qui ? “ e con l’asciugamano fa un gesto come per dire “ via, sciò ! “ Ho passato anni così, ed una notte nel ’75 mi sono svegliato rendendomi conto che stavo vivendo una vita altrui, perchè non avevo un amore, vivevo gli amori degli altri, vivevo nelle famiglie degli altri, ma non lavavo i piatti insieme a loro, sentivo il calore umano, ma non avevo una vita mia privata……

S.P. – questo era comune a tantissimi di noi, avevamo solo una vita collettiva..

Tano – sì, esatto, ma era preoccupante, certo, una volta ogni tanto facevi l’amore……

S. P. – Tano, dal ’75 al 2015…esiste ancora una fotografia sociale ?

Tano – No. Così no. La fotografia in questi termini non esiste più.…mentre ai miei tempi c’è stato un matrimonio ( io non ero un artista) con la scultura, con la pittura, un matrimonio tra movimenti ed immagini, ora quel rapporto si è spezzato, lo sento anche io, non che avessi regole o capi, anche quando ho parlato di quella immagine occultata che poi è diventata famosa, non è che me l’avesse detto qualcuno, era la mia coscienza…

S.P. – ma pensi che quel rapporto è perduto per sempre ?

Tano – no, penso che si può riprendere, ma non è che lo posso riprendere io a 73 anni, spero che lo riprendano, che capiscano, ma dietro a tutte queste cose in cui siamo sommersi c’è che di fatto siamo senza immagine, l’umanità intera…

S.P. – Siamo senza immagine perchè siamo senza movimento….

Tano – e viceversa, mi sembra di aver scritto qualche pensiero tra movimento e immagine, che sono fatti della stessa materia…

S.P. – sì, sono fatti della stessa materia, quella dei sogni…e se non si sogna….

Tano – …che poi erano affetti reali, ancora ora con alcune persone che hanno fatto delle scelte diverse, quando le incontri le abbracci e senti che c’è qualcosa di perduto…allora ci volevamo molto ma molto bene, ricordo che davo il massimo, anche gli altri, in questi giornali, come Lotta Continua, che non dimenticherò mai, abbiamo avuto dei litigi, scelte diverse ma…c’era tra noi una fiducia pazzesca, una volta Enrico Deaglio mi dette un assegno perchè i braccianti di Empoli, tramite un avvocato anarchico, avevano chiesto aiuto, e mi chiese se ci potevo andare io, erano soldi suoi, personali…. (Estratti da intervista a Tano D’Amico, Siena Novembre 2015)


Per una nuova Fotografia sociale: Daniela Neri

Un reportage fotografico di Daniela Neri dedicato alle donne e alle madri di Bhopal che portano su di sè il peso della tragedia.

www.danielaneri.eu

Un ricordo del grande Mario Dondero
www.lavoroculturale.org

Turchia
Ho trovato il nome di questa donna: si chiama Emel. Per non lasciarla solo alla definizione di “la moglie di”. Emel ha anche preso la parola durante la cerimonia funebre. Ha detto: «Noi vogliamo la pace per questo paese, per i poveri di questo paese, per i i lavoratori, i curdi, i turchi, i lazidi, i circassi…, per le donne e gli uomini…
Noi abbiamo detto ‘pace’, lui ha detto ‘morte’. Noi sappiamo chi è l’assassino. Ma siamo in piedi. Con la nostra coscienza, con la nostra morale, la nostra lotta continuerà. Ci uccidono una volta ma mille volte rinascono. La libertà arriverà “.
12 ottobre 2015. Questa che saluta a pugno chiuso al funerale è la moglie di Ali Kitpaci, ferroviere anarchico assassinato nella strage di Ankara, eseguita dall’isis, voluta da Erdogan


Memoria storica 1 :
Il soldato anarchico Masetti, nel 1911, per non partire per la guerra di Libia, aveva puntato una mitraglia contro il proprio colonnello vedendosi servire poi oltre 40 anni di manicomio criminale … In suo favore, a Follonica, come altrove, era sorto un comitato che il 28 dicembre 1913 tenne un comizio unitario a cui parteciparono in tanti, dagli anarchici ai socialisti ai repubblicani … per i socialisti parlò Gino Spagnesi, follonichese che i fascisti perseguiteranno e cacceranno dal suo paese a bastonate.
Per ricordare Gino abbiamo raccolto oltre 200 firme in favore di un luogo pubblico che porti il suo nome … invano, dopo diversi anni.
Ma aspettate che muoia il prossimo prete e vedrete subito cambiare toponomastica in suo ”onore”.
Lo sappiamo e ce lo ricordano sempre: noi siamo figli di un dio minore. (
Aldo Di Buhacenci)
No, sei ottimista Aldino, ma quale dio minore, siamo figli di cani maremmani, per fortuna !

Memoria storica 2 : Era il 20 dicembre del 1973 e il franchismo, in Spagna, si preparava a dare continuità al regime fascista designando l’ammiraglio Carrero “Ogro” Blanco come erede del Caudillo… quel giorno, però, la storia avrebbe subito un cambiamento epocale. Eva Forest, in “Operazione Ogro”, racconta in presa diretta come e perché:
http://bit.ly/1PiD8Xh

Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della Storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. ( Buenaventura Durruti, sempre nei nostri cuori )



“Perchè fummo i nemici di ogni dominazione materiale e di ogni livellazione spirituale.
Perchè noi, al di là di ogni schiavitù e di ogni dogma,vedemmo danzare libera e nuda la vita”(Renzo Novatore)

Un ricordo raro di David Bowie

Un paio di jeans scuri, una maglietta bianca, una chitarra acustica sulle spalle: lo ricordano così mentre dalla piazza Giusti di Monsummano andava a piedi, sotto il sole, fino al calzaturificio Fiorella, al confine con Pieve a Nievole. (…)Era arrivato a Monsummano per partecipare al primo Festival Internazionale, un concorso canoro organizzato dal circolo culturale “Giuseppe Giusti” e dall’Oscar di Malta, organizzazione che aveva già allestito festival musicali nell’isola. A Londra, 20 giorni prima, aveva appena concluso la registrazione ufficiale di “Space Oddity”, un Lp che s’ispirava al capolavoro di Stanley Kubrick “2001 odissea nello spazio”. Il disco era stato accolto tiepidamente dagli inglesi. Bowie aveva 22 anni. Era appena agli inizi. (…)Il festival, quell’estate, era presentato da Daniele Piombi. C’erano 15 cantanti, tutti molto giovani e agli albori della carriera. Tra questi l’argentino Ricardo Ceratto, la francese Sabrina, Franco Valori che rappresentava i nostri colori, la spagnola Maria del Carmen, più conosciuta come Cristina. Fu proprio questa giovanissima catalana, a sorpresa, a conquistare il trofeo, quel sabato 3 agosto del ’69. David Bowie si piazzò secondo, ricevendo però il “Disco d’oro”, un riconoscimento destinato ai talenti emergenti. Cantò “When I Live My Dream”: la gente applaudì, ma la critica praticamente lo ignorò. (Il Tirreno 1997)

“Dichiarandoci anarchici proclamiamo inanzi tutto che rinunciamo a trattare gli altri come non vorremo essere trattati noi da loro; di non tollerare più la disuguaglianza che permetterebbe ad alcuni di esercitare la propria forza astuzia o abilità in maniera odiosa. Ma l’uguaglianza in tutto- sinonimo di equità- è la stessa anarchia ”
Petr. A. Kropotkin La morale anarchica
scarica qui gratis il libro
http://stradebianchelibri.weebly.com/millelirepersempre.html

L’anarchia spiegata a mia figlia : il nuovo libro di Pippo Guerrieri, BFS edizioni qui in free download e streaming
https://archive.org/details/LanarchiaSpiegataAMiaFiglia
Io non credo nei partiti. Ma non perché siano stati occupati da persone disoneste. Io non credo nei partiti perché non credo nella delega. […] Non sono un comunista. Io sono anarchico. Non mi interessa che il popolo vigili sull’amministrazione pubblica. Io non credo che il popolo debba essere amministrato da qualcuno. Io voglio il superamento di questa democrazia, non che venga amministrata decentemente. Questo era il dibattito negli anni ’60 rispetto ai manicomi. Qualcuno voleva umanizzarli, qualcun altro cancellarli. Si umanizza un’istituzione disumana solo cancellandola. ”
( Ascanio Celestini )
https://www.youtube.com/watch?v=m4Ze55-ygRg

le foto di questo numero sono di Tano D’Amico, Stefano Pacini, facenti parte del progetto fotografico “Noi sogniamo il mondo “, o di autori non identificati che ringraziamo anticipatamente
Link utili
www.stefanopacini.org
www.lavoroculturale.org
www.radiomaremmarossa.it
www.carmillaonline.com
www.ltmd.it
www.infoaut.org
http://collettivoanarchico.noblogs.org
www.senzasoste.it
www.finimondo.org
femminismo-a-sud.noblogs.org/
anarresinfo.noblogs.org
http://www.anarca-bolo.ch
Maremma Libertaria Esce quando può e se e come gli pare. Non costa niente, non consuma carta e non inquina, se non le vostre menti. Vive nei nostri pensieri, perchè le idee e le rivoluzioni non si fanno arrestare, si diffonde nell’aere se lo inoltrate a raggera. Cerca di cestinare le cartoline stucchevoli di una terra di butteri e spiagge da bandiere blu, che la Terra è nostra e la dobbiamo difendere! Cerca di rompere la cappa d’ipocrisia e dare voce a chi non l’ha, rinfrescando anche la memoria storica, che senza non si va da nessuna parte. Più o meno questo è il Numero 19 del 15 gennaio 2016. Maremma Libertaria può essere accresciuta in corso d’opera ed inoltro da tutti noi, a piacimento, fermo restando l’antagonismo , l’antifascismo e la non censura dei suoi contenuti.
In Redazione, tra i cinghiali nei boschi dell’alta maremma, Erasmo da Mucini, Ulisse dalle Rocche, il fantasma della miniera, il subcomandante capraio, Alberto da Scarlino, Alessandro da Grosseto, Antonello dalla Tuscia, Luciana da Pomonte, complici vari , ribelli di passaggio, maremmani emigrati a Barcelona e Cagliari
No copyright, No dinero, ma nel caso idee, scritti, foto, solidarietà e un bicchiere di rosso.
My way Sid Vicious !
http://youtu.be/HD0eb0tDjIk

Nostra patria il mondo intero, nostra legge la Libertà, ed un pensiero Ribelle in cuor ci sta
(Pietro Gori)
http://youtu.be/_KVRd4iny8E

Potranno tagliare tutti i fiori, ma non riusciranno a fermare la Primavera
(Pablo Neruda)
http://youtu.be/wEy-PDPHhEI
(Victor Jara canta Neruda)

Sempre, comunque e dovunque : Libertà per tutti i compagni arrestati !– Fori i compagni dalle galere !-Libertad para todos los presos ! – liberdade para companheiros presos! -comrades preso askatasuna!- liberté pour les camarades emprisonnés!-freedom for imprisoned comrades !- Freiheit für inhaftierte Genossen!- ελευθερία για φυλακισμένους συντρόφους ! – الحرية لرفاق