Maremma Libertaria n 12


Crisi? Indignati? Occupy? Un punto di vista molto controcorrente… 🙂
Noi siamo l’1%

Vi abbiamo visti. Vi abbiamo sentiti. Oramai siete dappertutto. Sappiamo chi siete. Siete quel 99% che protesta contro gli eccessi del capitalismo e gli abusi dello Stato. Siete il 99% che pretende riforme elettorali, alternative sociali, sussidi economici e misure politiche. Siete il 99% angosciato di perdere il proprio futuro, di non essere più in grado di vivere come ha fatto finora: un posto di lavoro, uno stipendio, un mutuo per la casa, una pensione. Tirare a campare, come minimo. Fare carriera, come massimo. È questo che chiedete. Non volete pagare la “crisi”, volete che tutto torni come prima. Che nessuno spenga gli schermi che giorno dopo giorno hanno prosciugato la vostra vita di ogni significato ed emozione, condannandola alla tristezza della sopravvivenza. E tutto questo lo chiedete ai governi e alle banche. Perché la democrazia è: governanti che non siano interessati al potere ma al bene comune, banchieri che non siano interessati al profitto ma alla felicità della popolazione. Come nelle favole, come nei film.
In attesa di un lieto fine che tarda ad arrivare, non tollerate che qualcuno non condivida la vostra allucinata rassegnazione. Da Madrid ad Atene, da Roma a Portland, siete pronti a fermare, denunciare e bastonare quegli arrabbiati che nelle istituzioni non vedono le garanti della libertà ma le cause della miseria e dell’oppressione. La vendetta l’apprezzate solo nella finzione cinematografica, tolta la maschera le preferite la sottomissione. Davanti ad una società odiosa quanto putrefatta vi battete in favore di una protesta civile, misurata, educata. Una protesta che rimanga sempre alla vostra altezza: in ginocchio.
Adesso sappiamo chi è quell’1% che tanto odiate. Con i vostri cordoni, con i vostri servizi d’ordine, con le vostre delazioni, avete fatto capire a tutti chi è il vostro vero nemico. Non è certo la classe dirigente, a cui vi rivolgete con rispetto. Siamo noi. Noi, che non abbiamo uno Stato da difendere né da migliorare. Noi, che non abbiamo un mercato da proteggere né da sfruttare. Noi, che non vogliamo esercitare né subire alcuna autorità. Noi, per cui la vita non è riducibile ad un cartellino da timbrare o ad un conto corrente da salvaguardare. Noi, per cui la crisi non è nata con le recenti speculazioni in Borsa, o con l’incapacità di chi siede oggi in Parlamento, ma col vivere in questo stesso ordine sociale in tutti i suoi aspetti. Noi, per cui tutti i giorni sono precari in questo mondo che non abbiamo voluto, in cui non ci siamo mai riconosciuti, e che ci soffoca.
Non vogliamo avere nulla a che fare con il vostro 99%. Con la vostra rivendicazione di un capitalismo moderato e di uno Stato corretto. Con il vostro incedere politico che riduce il potere e il privilegio alle dimensioni di una carta di credito. Con il vostro campeggio urbano da nostalgici boyscout. Con la vostra identificazione di un avversario, l’origine della “ingiustizia”, sempre più sfumato, immateriale e lontano dalla nostra portata. Con le vostre braccia sempre più accoglienti nei confronti di politici, industriali e guardiani, e sempre più vigorose contro i ribelli. Con le vostre azioni sempre più deboli che sono diventate solo un tiepido intervallo allo status quo. No, non vogliamo le vostre riforme, il vostro collaborazionismo, i vostri lavori alienanti, le vostre sinistre rivendicazioni riscaldate talmente tante volte da essere vomitevoli.
Noi sappiamo quali sono le cause reali delle sofferenze che subiamo: la sete di potere, il culto del denaro, ma anche l’obbedienza che pretendono e ottengono. Queste cause vengono perpetuate nelle vite quotidiane degli esseri umani, dalle azioni, dai gesti, dai rapporti che si intrecciano all’interno di una società in cui ci sentiamo stranieri ovunque. E queste cause – che devono essere rifiutate, disertate, demolite – hanno trovato albergo nel vostro movimento. Non ci siamo mai sentiti a nostro agio nel 99% della nostra vita moderna, trascorsa a fare la fila per elemosinare briciole, eppure voi insistete nel difendere il 99% del problema. Ci prenderemo le nostre possibilità altrove. Attraverso le speranze, i sogni e le azioni che hanno guadagnato la vostra condanna.
Voi, continuate pure la vostra attraversata nell’oceano dell’indignazione universale. Alzate le vostre vele passando le funi a burocrati e poliziotti. Condividete lo spazio e l’aria con la feccia che ha reso la vita su questo pianeta così invivibile. Andate dritti verso un nuovo domani, con la stiva ancora piena della merda di ieri. Non saliremo sulla vostra nave, caso mai ne discenderemo. E rimarremo sulle nostre zattere da voi così disprezzate, perché troppo piccole e leggere.
Ma fate attenzione. Un vascello che viaggia con a bordo i nostri nemici è un’occasione troppo bella per farsela sfuggire. Ridete? Non ci temete perché non abbiamo la forza per darvi l’arrembaggio? Ci avete frainteso. Noi non siamo interessati al vostro oro, non vogliamo affatto conquistarvi. Noi vogliamo farvi affondare con tutto il vostro carico di morte. Per riuscirvi non occorre una flotta maestosa, basta un brulotto. Piccolo e leggero.
(Finimondo )

 
 
 
Avete dieci minuti ? volete trovare i vostri nonni e padri ? scorrete regione per regione, provincia per provincia, località per località,anno per anno….sono-siamo tutti schedati.. buona lettura !

http://151.12.58.148/CPC/
 
 
Non esistono catastrofi naturali
Migliaia e migliaia di morti e dispersi, milioni di sfollati. Fino ad ora. Intere città spazzate via. Come se a colpire il Giappone non fosse stato un terremoto, ma bombe nucleari. Come se a devastare le case non fosse stato uno tsunami, ma una guerra. In effetti, così è stato. Solo che i nemici che colpiscono così duramente non sono la terra o il mare. Questi non sono affatto strumenti della vendetta di una natura che siamo abituati a considerare ostile. La guerra in corso ormai da secoli non è quella tra umanità e ambiente naturale, come molti vorrebbero farci credere per assicurarsi la nostra disciplina. Il nostro nemico siamo noi stessi.
Noi siamo la guerra. L’umanità è la guerra.
La natura è solo il suo principale campo di battaglia. Noi abbiamo causato le alluvioni, trasformando il clima atmosferico con la nostra attività industriale. Noi abbiamo rotto gli argini dei fiumi, cementificando il loro letto e disboscando le rive. Noi abbiamo fatto crollare i ponti, erigendoli con materiali di scarto scelti per vincere gli appalti. Noi abbiamo spazzato via interi borghi, edificando case in zone a rischio. Noi abbiamo contaminato il pianeta, costruendo centrali atomiche. Noi abbiamo allevato gli sciacalli, mirando al profitto in ogni circostanza. Noi abbiamo trascurato di prendere misure precauzionali contro simili eventi, preoccupati solo di aprire nuovi centri commerciali, nuove linee ferroviarie e metropolitane, nuovi stadi. Noi abbiamo permesso che tutto ciò avvenisse e si ripetesse, delegando ad altri le decisioni che invece riguardano la nostra vita. Ed ora, dopo che abbiamo devastato il mondo per spostarci più velocemente, per mangiare più velocemente, per lavorare più velocemente, per guadagnare più velocemente, per guardare la Tv più velocemente, per vivere più velocemente, osiamo pure lamentarci quando scopriamo che moriamo anche più velocemente?
Non esistono catastrofi naturali, esistono solo catastrofi sociali.
Se non vogliamo continuare a rimanere vittime di terremoti imprevisti, di inondazioni eccezionali, di virus sconosciuti o quant’altro, non ci rimane che agire contro il nostro autentico nemico: il nostro modo di vita, i nostri valori, le nostre abitudini, la nostra cultura, la nostra indifferenza. Non è alla natura che occorre urgentemente dichiarare guerra, ma a questa società e a tutte le sue istituzioni. Se non siamo capaci di inventare un’altra esistenza e di batterci per realizzarla, prepariamoci a morire in quella che altri ci hanno destinato e imposto. E a morire in silenzio, così come abbiamo sempre vissuto.
( anarchici , manifesto dalla rete, 2011)

Amiata calling ! 11 maggio…
500 manifestanti, 600 celerini, cc, digos, forestali a cavallo ( !) blindati ovunque, tutti in assetto antisommossa e pure un elicottero ( !!!) per non farci mancar niente….ora, al di là dell’immenso e tragicomico -ridicolo dispendioso spiegamento di forze, vorrei osservare che non è un caso, è il modello VAL di SUSA : no lagne, no petizioni, no pd ? Allora sei pericoloso, sei un terrorista, quindi denunce e legnate…prossimamente, su questo schermo….(Erasmo)
Amianto di Alberto Prunetti, dopo la presentazione di Casale Monferrato di cui riferiremo, ribattezzato recentemente da Alias de Il Manifesto “una rutilante Macondo tirrenica proletaria “, il 30 maggio viene presentato a Parigi…come dicevano quei due sul Poggio di Prata tanti anni fa (dopo aver legnato e disarmato due militi che gli chiedevano dove andassero) SI VA PEL MONDO ! 🙂
Speciale maggio, maggerini e indios maremmani – senesi

” Dal mare alla montagna
Un canto già si sente
È il maggio che ritorna allegramente”
Non è raro imbattersi in Maremma ma anche nella montagnola senese, in squadre di “maggerini” cantanti contadini addobbati con cappelli colmi di rose, forniti di fisarmoniche e chitarre, spesso di un Poeta capace di comunicare in ottave improvvisate, di un alberaio, che sorregge appunto un alberello colmo di fiori e nastri colorati, simbolo della primavera che è ritornata e di benagurio per i raccolti, e di un corbellaio che nel cesto raccoglierà le offerte raccolte casa per casa : cibo ma adesso soprattutto denaro con cui organizzare un grande pranzo collettivo “la ribotta”.Si canta la primavera ma questa è già arrivata, e quindi in fondo si canta il ciclo delraccolto, il cuore contadino della stagione primavera-estate.

Tanti anziani e giovani sono tornati o entrati per la prima volta nella tradizione e la cultura popolare sta vivendo una nuova stagione di vitalità. In Italia è difficile immaginare una via di mezzo tra la performance su palco di Ascanio Celestini ispirata anche scrupolosamente a fonti documentate, e lo snaturamento commerciale. E’ difficile immaginare gente comune che costruisce forme di festa tradizionali come opera del presente senza professionismo, come fanno i gruppi dei maggerini.
Chi canta il maggio lo fa anche come memoria del movimento dei contadini e degli operai. Pratica il maggio seguendo quelle ragioni per cui durante il fascismo esso fu messo al bando. Rileva l’idea di un maggio come rinascita delle stagioni e rinascita della società. Il maggio è quindi legato indissolubilmente al 1 maggio dei lavoratori. E’ un maggio ricco di storia che si arricchisce di nuove storie: il kilometro zero dei cibi, i gruppi di acquisto solidale, la difesa dell’acqua collettiva. La critica dei potenti, sempre e comunque. E’ un maggio che tracima di canti per tutto il mese, segno libertario di identità collettiva dei vecchi indigeni e dei nuovi abitanti delle campagne toscane.

Quello che segue ,cantato sull’aria del Nabucco di Giuseppe Verdi, è stato scritto da Pietro Gori ed è apparso su canzonieri e fogli volanti (Canzoniere dei Ribelli, La Spezia 1908). Rappresenta fra i maggi l’idea anarchica della festa introducendo, forse per primo, la tematica del maggio come “Pasqua dei lavoratori”. Conosciuto anche con il titolo “Alba di maggio” è stato proposto dalla squadra di Sassofortino (Roccastrada) che ha iniziato a cantarlo dal secondo dopoguerra.
Vieni o maggio, ti aspettan le genti
ti salutano i liberi cuori
dolce Pasqua dei lavoratori
vieni splendi la gloria del sol.
Brilla un inno di alate speranze
del gran verde che ‘l frutto matura,
dalla vasta ideal fioritura
in cui freme lucente avvenir.
Disertate o falangi di schiavi
dai cantieri, dall’alte officine
via dai campi, su dalle marine
tregua, tregua all’eterno sudor.
Via innalziamo le mani incallite
noi siam fascio di forze feconde
noi vogliam redimere il mondo
dai tiranni dall’ozio e dal mal.
Giovinezze dolori ideali
primavera dal fascino arcano
verde o maggio del genere umano
date ai petti il coraggio e la fe’.
Date fiori a’ ribelli caduti
co’ lo sguardo rivolto all’aurora
e al gogliardo che lotta e lavora
e al veggente poeta che muor.

CARLO MONNI, I’ GREZZO E IL TRAMONTANO
Abbiamo incontrato Carlo all’ora di pranzo a casa di Ettore. Non lo sentivamo da lungo tempo e l’incontro è stato molto più semplice del previsto. Tutto calcolato al millimetro da Ettore che aveva cucinato e preparato una vera accoglienza. Pensate che siamo solo riusciti a collaborare bevendo insieme un bianco di Bagnaia. Un bel pranzo sano e sincero, come abbiamo fatto insieme a casa nostra negli anni d’oro dei nostri primi incontri con Altamante, molta sostanza e niente formalità. Prosciutto del Casentino, pesce pescato da un amico, pastasciutta, quello che conta è la qualità sincera dell’incontro, pareva che ci fossimo lasciati giusto pochi giorni prima ad un’altra tavolata con Altamante e Caterina e nell’aria tutti i nostri vecchi amici, Fabrizio, Gianni… Avete presente quando s’interrompe una relazione amicale e la si riprende dopo molto tempo? Il filo rosso non è stato tagliato, né si è sfilacciato e si ricomincia a ragionare come se il tempo trascorso non fosse così lungo. Avevamo annunciato il perché della nostra visita e Carlo e Ettore hanno ricordato volentieri.
Ettore “Una cosa bella da raccontare è quanto si rise quell’anno che c’era quell’americane e Altamante voleva che Carlo gli traducesse le poesie …”Carlo “Eh, anche codesta, ma a raccontalla dal vivo … “E “ … che faceva: Monni, traduci le poesie all’americane. (risata)”C “E’ vero, fu una giornata meravigliosa. Lui cercava di … che anno era?”Monica “Il 1998, mi sembra.”C “Quant’anni aveva, allora?”M “Settantasette.”C “Aveva sempre l’idee … queste americane scherzavano chiaramente. Poi le donne sono sempre curiose e con un poeta hanno sempre un po’ di … Poi tra una bevuta e un’altra diventa possibile anche l’impossibile. Si durò un’ora. Lui faceva le rime, faceva l’ottave e io: Ma come fo a tradurre? Loro si divertivano chiaramente perché capivano che c’era l’invenzione, c’era un artista.”M “Ma cheddì, lui andava a balla’ sul cubo. Ce l’ha raccontata tante volte questa storia del cubo.”C “E ci si portò al locale …?”E “Allo zerocinquecinque”Andrea “Quando lo incontrò per la prima volta Marino Severini della Gang disse: Lui è come Bruce Springsteen, è un gigante … “C “Ha fatto bene, è un bel paragone. È un bel mondo da raccontare.Diventa storia ormai, sembra algebra.”Il Grezzo cerca di ricordare la “Serenata”, quella che piaceva tanto ad Altamante e con Carlo si mettono a cantare: Se dormi svegliati fanciulla adorata, la serenata la canto per te! con un certo impeto.C. “Lui voleva bene a tutta la famiglia. Però aveva bisogno di venì fòri. L’artista ha bisogno sempre di nuove emozioni, ha bisogno d’andare oltre, il quotidiano ti svilisce. Bene o male anche lui era un artista, più di tanti altri che lo fanno … a stare lì nel suo orticino, col quotidiano si rompeva di sicuro … E c’aspettava più di un’ora quando si partiva per l’avventure in qualsiasi luogo. Le s’enno fatte belline più che altro per lui, perché lui partiva. Io ero più giovane e poi fo un altro mestiere. Infatti lui … io facevo, come si dice, un programma … no, un repertorio no … però lui non mi voleva sminuire ma in un certo modo voleva dire Io invento tutti i giorni qualche cosa, all’improvviso. Invece questo, bene o male, un po’ dice quello che ha detto l’altra volta, gli battano le mani un monte … un po’ dice come l’altra volta, e ridan tutti, porcaccia madosca, a me tocca inventà giorno per giorno ogni cosa all’improvviso. No, lui mi voleva bene, però …La battuta che diceva sempre era:“Ora viene qui di là dai sonniViene qui il grande Monni”
Altamante era bravo perché era anche un po’ comico, faceva divertire. Qualcuno dei poeti celebrati anche dalle critiche erano un po’ noiosi. Facevano delle rime bellissime, perfette ma gli mancava sempre la sorpresa. Con Altamante c’era la sorpresa. Ora non voglio fa’ paragoni, ma è un po’ come il poeta Bukowski, che fra l’altro lo conosco bene. Ecco in tutte le poesie c’è una sorpresa che non fa parte di quello che ha detto prima. Altamante era uguale, alla fine tirava fuori delle sorprese che ‘un t’aspetti mica mai. Originali a quella maniera ‘un ce n’è mica più. Sono uomini imprevedibili. Altamante, così come Caterina, dovrebbe essere tenuto presente quello che facevano. Le son nascite. E gli’è il tocco dell’arte.E poi vivere a contatto con il mondo agreste, in qualsiasi momento del bar, dell’osteria o della locanda, tutti i giorni c’era qualcuno che diceva una frase micidiale, ti buttava di fòri, dall’originalità, dalla perfezione … era portata dal tramontano, non dalla conoscenza letteraria ‘un è che l’avesse letta da Kirkegaard, lo sapeva prima di Kirkegaard. C’è un gene che è come Giotto che fissa subito l’agnello … a quanto pare è il tramontano che gliel’ha portato e glielo fissa nel cervello. Allora ti racconto questa, c’era un individuo, una persona semplice, mica tanti anni fa. Ero a piglià l’autobus, passa tre ragazze, hai visto di quelle belline, armoniose, leggiadre, che svolazzano e mi conoscevano e mi fanno “Ciao Monni”. E c’era questo qui, le fece passare e mi disse “Mo-nni-no, lì e v’è peso, qualità e misura” Senti che sintesi per dire della bellezza. Chi ce la fa? Un professore universitario e ce la fa? Come fai a coniare una frase di tre bellezze che passano? Lì e v’è peso, qualità e misura.
Non basta il cantare e basta, perché il cantare e basta ‘un serve a nulla per fa’ questi lavori qui.”

MAGGIO, CANTI, ODORI, PROFUMI, ASSAGGI CUCITI DAL FILO ROSSO DELLA MEMORIA (dal libro “Venti di Maggio”)
Grande virtù, la pazienza che ha lastricato questi vent’anni di canti. Il gruppo del Maggio della Montagnola, fin da quando ha mosso i suoi primi passi cantati, è sempre stato un magma di grande umanità. Provare a cantare una tradizione che ormai nel nostro territorio era sopita da troppi anni, non è stata cosa semplice. È stata un’esperienza avvincente aggregare intorno ad un progetto un gruppo di adulti, non professionisti del canto, poco avvezzi alla tradizione, ma per fortuna con una visione del mondo di parte e aperta alla novità e tanto, tanto appassionati dello stare insieme.La cosa che amo di più ancora oggi è il cambiamento. Non c’è mai stato un Maggio uguale a quell’altro, ogni anno si tirano le fila di un anno privato e pubblico. Le immagini sono i documenti più immediati di questo fluire della vita, per chi lo vive e per chi lo segue ormai da anni.Per noi in particolare l’avventura del Maggio è un’avventura familiare, perché tutti e quattro ne siamo coinvolti. Il cambiamento è quello dei nostri figlioli. Hanno entrambi iniziato a cantare da piccola o da appena nato e continuano ancora oggi a partecipare all’avventura del Maggio, le immagini ce li restituiscono anno dopo anno in divenire.La stessa cosa succede per i figlioli dei nostri compagni di viaggio e per noi stessi che ci rivediamo oggi, dopo vent’anni, con qualche chilo in più, qualche capello bianco, una maggiore esperienza vocale, una consapevolezza del canto d’insieme, del significato della riproposta, un’attenzione all’estetica della rappresentazione e una consolidata esperienza nell’intessere relazioni umane ricche e vere.
Dicevo della performance del Maggio che non è mai uguale a se stessa, infatti cambiano gli attori, ma anche gli spettatori, i luoghi, il tempo atmosferico, l’umore sociale, le condizioni politiche locali e nazionali. Vorrei raccontare il mio Maggio dal punto di vista del cibo perché “il cibo è per noi uno strumento narrativo è la cultura che c’è dietro ogni coltura, è il racconto di qualcosa che muta nel tempo, nel passaggio di conoscenze tra generazioni. Luogo di resistenza di chi dalla natura prende i frutti contro chi ai frutti impone ritmi privi di natura”. Sempre la memoria che mi difetta. Ho usato in molte occasioni questa citazione per intero, riassumendola o parafrasandola, non me ne voglia l’autore, l’ho trovata in uno scritto che riguardava l’alimentazione e l’ho fatta mia, mi rappresenta. Amo molto cucinare, lo trovo un atto creativo, una pratica quotidiana che previene l’insorgere di malattie future, rispetta l’ambiente, mi rende una persona critica quando faccio la spesa, mi fa risparmiare denaro e soprattutto è un momento conviviale di condivisione nelle relazioni familiari e in quelle allargate. E’ facile capire perché scelgo di raccontare il Maggio attraverso l’evocazione del cibo.Ogni anno la visita dei poderi è accompagnata da grandi quantità di cibarie, qualcosa che ha a che fare con il pantagruelico.Nel nostro caso la tradizione di donare prodotti alimentari al corbellaio, quelli che poi saranno la materia prima della ribotta, è in parte disattesa perché in ogni podere ci attende, a qualsiasi ora del giorno, un’abbuffata alimentare. Non uso aggettivi esagerati, è ciò che accade da vent’anni a questa parte nei poderi della Montagnola che ci “danno il permesso di cantare Maggio”.In un periodo così lungo, si sono consolidate alcune situazioni e ne sono entrate ed uscite altre.

La Taverna, uno di quei luoghi dove si lascia veramente il cuore per troppi motivi. Sono contenta di avere molte fotografie, erano i nostri primi passi nel Maggio, la casa è molto vicina alla nostra, e le persone veramente quelle veraci, di campagna. Ho difficoltà nell’uso dei tempi verbali, il podere c’è sempre ma è tutto cambiato, adesso è uno dei tanti agriturismi che punteggiano le nostre campagne, grande restauro, ma anonimo, impenetrabile.Si arrivava e nello spazio antistante la casa grande con i mori, la gente era già a raccolta e i padroni di casa, Aleria e Franco, avevano preparato un’accoglienza coi fiocchi. Altamante chiedeva il permesso che veniva accordato perché sapevano di cosa si trattava, Aleria viene dalla Maremma e Franco in gioventù suonava la fisarmonica. I nostri vicini di casa erano ad aspettarci.Si facevano gli auguri iniziando con il Maggio tradizionale e poi sempre la Serenata dedicata a tutte le donne presenti, il pezzo più amato da Altamante:
“Siamo venuti a fa’ la serenata,
padron di casa se contento siete,
so che c’avete una figlia garbata
che sotto de vostr’occhi la tenete.
Se dormi svegliati fanciulla adorata,
la serenata, la canto per te…”
Ancora qualche scambio d’ottave con il nostro lavorante d’improvviso, e poi l’invito a salire. Pochi gradini di travertino erosi dal tempo ed eccoci in “casa”. Che poi sarebbe la cucina con un grande focarile aperto e il soffitto. Era un soffitto da cui pendevano prosciutti, non lampadari, ma prosciutti veri, coperti di pepe e in stagionatura, perché Franco e Aleria allevavano e lavoravano il maiale. Non ho mai più rivisto quella selva di prosciutti attaccati nella cucina di una casa.Accanto c’era la stanza del buratto, dove i padroni di casa preparavano l’affettato: prosciutto, salame e pane a volontà, innaffiato da vino rosso. Se fossi una maga, vorrei ricreare i profumi che si diffondevano e lo stupore negli occhi degli astanti. In fondo non è la notte dei tempi, parlo degli ultimi anni del ventesimo secolo! Condividere questi prodotti della natura è diventata cosa rara e soprattutto la generosità con cui venivano offerti. È proprio il caso di dire non venga mai giorno. L’unico modo per ricambiare un’ospitalità genuina e sincera era continuare a cantare e improvvisare, grandi e piccini. Era difficile venire via, non era mai abbastanza il tempo da condividere, la visita dei maggiaioli e l’ospitalità dei padroni di casa era veramente un tempo di festa, difficile da tagliare.Credo sia facile capire che ci sono dei luoghi magici che non possono essere dimenticati e che durante il cammino dei canti si riaffacciano con grande piacere, richiamati da un odore, da un gesto, da alcune note, da persone che ritrovi in luoghi diversi.La nostra decisione di lavorare il maiale, in maniera tradizionale, è in larga parte dovuta a questo bell’incontro, certi odori che si spandono nella stanza di lavorazione riannodano il filo della memoria e ci riportano ad esperienze felicissime vissute attraverso i canti del Maggio.

La Comune di Bagnaia è un’altra specialità, ancora più longeva del nostro Maggio, dura da più di trent’anni! E’ un modo di stare insieme che ricorda molto la famiglia contadina polinucleare dei nostri studi sulla mezzadria. Ci sono molte assonanze: il luogo di lavoro e di vita è per molti comunardi il podere. L’azienda è agricola ed è in grado di soddisfare, in parte, la sussistenza alimentare di chi ci vive e lavora e delle altre persone che lavorano all’esterno. Non posso descrivere l’importanza e il significato di questa organizzazione sociale, non solo per noi, ma per il significato che ha una simile realtà nell’attualità. Posso solamente dire che è la realizzazione, qui ed ora, di un altro mondo possibile.La Comune è anche il luogo fisico dove, da ben vent’anni, a partire dal mese di marzo, facciamo le nostre prove settimanali. Ciò è possibile perché esiste un luogo idoneo, la stanza polivalente, così grande da poterci accogliere. Il nostro è un gruppo molto numeroso, siamo ben più di venti fra cantori e suonatori. Capite bene che anche qui l’ospitalità, l’accoglienza e la generosità sono di casa. Una delle cose che amo di più, insieme al nostro maestro di cucina Checco, è il mural dipinto dal nostro amico Francesco Del Casino. Nella parete di fondo ci accoglie ogni sera il volto di uno splendido Altamante nell’atto di improvvisare, circondato da cantori, suonatori e gente di Bagnaia raffigurata durante il lavoro contadino. Penso sempre che il “bello” fa bene al cuore, allo spirito, alla testa e ogni volta si rinnova questa sensazione di benessere: siamo lì a prepararci per il Maggio, riusciamo a stare bene insieme, pur essendo molto diversi fra di noi, riusciamo a mescolare positivamente le nostre energie, le nostre capacità, le nostre difficoltà e coinvolgere anche bambini e ragazzi sotto gli auspici benevolenti di Altamante che, pur essendo ormai lontano, ci veglia con la sua poesia! C’è un canto di alcuni ani fa, dedicato ad un uomo e che in un crescendo di musica e parole conclude con questi versi che trascrivo. Quando lo canto mi piace pensare ad Altamante in questo modo
“… io lo so che è sbocciato da un animo grande che adesso riposa nell’angolo più bello del cielo” Veniamo agli odori e ai profumi, Bagnaia è sempre una presenza, c’è stato però qualche anno che non siamo passati a cantare, vorrei raccontare il ritorno.
Checco è un imprescindibile cuoco sopraffino e geniale in alcune sue creazioni, ma soprattutto nella sua convivialità. Veramente con lui il cibo è momento d’incontro, voglia di essere insieme stando bene con gli amici, c’è sempre un buon motivo per brindare e assaporare ottime ricette. Il suo contributo gastronomico non si limita all’accoglienza a Bagnaia ma travalica questi confini e arriva anche in altri luoghi di Maggio: a Simignano, al Cipollino dove porta il suo contributo, cucina piatti prelibati e insoliti presentati scenograficamente, sono pietanze dove la carne fa da padrona. Le sue ricette sono veramente in tono con nostra patria è il mondo intero. Le sue radici venete si mescolano con la Toscana, ma non disdegna nessun’alimento, qualunque sia la terra di provenienza, che renda un piatto gustoso, pieno di sapore, sorprendente, insomma quando si parla di accoglienza a Bagnaia una persona a cui si pensa subito è Checco con la sua cucina! Dicevo il ritorno, è un ricordo per lo stupore che l’ha accompagnato. A Bagnaia abbiamo sempre fatto una toccata e fuga perché dopo ci aspettano alla grande festa in quel di Simignano. Questa volta Checco ci ha comprato una serie di piccoli semifreddi di alta pasticceria dilapidando il suo stipendio mensile, stiamo parlando di una cifra molto modesta, da comunardo. Ci ha stupiti tutti. Il fatto è che non essendoci il tempo sufficiente per una degustazione completa, ed essendo impegnato con la cottura di pietanze da portare alla cena di Simignano, ci ha comunque fatto sentire la sua amicizia in una maniera inconsueta e preziosa, anche se lontana dal suo stile. Non so se in realtà questo stupore è stato solo mio, ma lo ricordo come fosse ora, perché conosco Checco e il contesto socio-economico-affettivo della comune di Bagnaia

Ringraziamo : L’Archivio delle tradizioni popolari di Grosseto , Pietro Clemente per la sua introduzione al libro “Venti di Maggio” di Monica Tozzi e Andrea Fantacci, e, soprattutto, Monica e Andrea per i materiali, la disponibilità, il loro bellissimo libro e i loro canti libertari, durante il maggio e il resto dell’anno…… 🙂
per saperne di più www.tradizioni.chelliana.it e www.leradiciconleali.org
Qui riproponiamo una recensione in tema…..
Marco Bruttini e Marco Muzzi La dolce Maremma (immagini parlate, tradizioni popolari) Edizioni Effigi
Ispidi altezze/infrange/la storia del contado/di Siena e di Maremma/tra la morte e la fadiga/d’altre ombre morte/
da vivissime gesta/di cantori/procede
Popolo mio/atticciato forte/al sangue de’ martiri/a la vena rotta de’ secoli/nel gran cuore d’altri popoli/
dove sei?/ora scianguini forte/di trapassati amori/ne’ grappoli acerbi/de la sua graziosa vigna.
(Massimo Lippi , il futuro a memoria)

Può ancora emozionare un libro? Certo che può. “La dolce Maremma” opera- summa trentennale del lavoro etnofotografico di Bruttini e Muzzi, riassunto di uno sterminato archivio fotografico in bianco e nero, testimonianza di decennali viandanze per borghi e campagne della Toscana minore con le sue befanate, focarizze, processioni, fiere e cantar del maggio, emoziona, attira, risucchia in un viaggio temporale. Per dirla con le parole dell’introduzione di Pietro Clemente “così alla fine del viaggio nel tempo e nello spazio dentro queste immagini, ci troviamo a riconoscere in esse in evidenza quella pratica conoscitiva che Adorno connetteva con la felicità: lo sguardo lungo e contemplativo, a cui solo si dischiudono gli uomini e le cose, è sempre quello in cui l’impulso verso l’oggetto è spezzato, riflesso. La contemplazione senza violenza, da cui viene tutta la felicità della verità, impone all’osservatore di non incorporarsi l’oggetto: prossimità nella distanza. La giusta distanza: per partecipare senza invadere, per mostrare senza esebire, per immaginare senza obblighi di evidenza.” Le 133 foto di Bruttini e Muzzi raccontano la marginalità ma anche la Resistenza di un mondo contadino ad una (post) modernità dissennata che ha anteposto il consumo all’Uomo. Il cantare del maggio che fa raccogliere il testimone dell’ottava ai ragazzi, la fiera di Ghirlanda ritrovo degli indios maremmani tra cavalli e buoi, il Primo Maggio a Piloni tra pugni alzati e garofani rossi, e una squadra di maggerini che canta a Roccatederighi di fronte al busto di Francisco Ferrer , distrutto dai fascisti e ricostruito dagli abitanti. E “preparazione” di maiali e cinghiali che non contraddicono la benedizione degli animali per S. Antonio Abate. Completano il lavoro testi di Florio Carnesecchi, Mario Papalini, Pietro Clemente,Piergiorgio Zotti,Luigi Tomassini e le splendide poesie di Massimo Lippi. Un libro imperdibile, tra immagini parlate, maremme amare, maremme dolci, maremme refrattarie alle bandiere blu e alla monocultura turistica.
(Ulisse)
Ci è appena giunta la notizia che il Monni ci ha lasciato…qui i versi scritti per lui da Giovanni e poi una foto che gli scattai a Follonica durante una serata indimenticabile….
Un giorno alla comune di Bagnaia
a i’ Monni toccò fassi immortalare
‘nsiem’ a’ maiali nella porcilaia
a i’ trogolo chinato a desinare.
Sebbene una leggenda tutto appaia
la Jamie questa foto ebbe a scattare.
Pe’ salutare Carlo e commentalla
lei m’ha permesso a i’ popolo di dalla.
I’ Monni ci ha ‘nsegnato che è una balla
che di du’ sorte son gli esseri umani,
o nasci bruco pe’ mutà ‘n farfalla
o bruco nasci e bruco tu rimani.
La tesi rifiutò e pe’ confutalla
lu’ fece un di que’ gesti detti” insani”.
Co’ i ‘ su’ restà se stesso ha dimostrato
che senza metamorfosi ha volato.
Volava di poesia con tanto fiato
volava coll’ebbrezza d’ i’ bon vino.
Volando nella mota s’è rizzato
dicendo “bada lì, un’è mia bottino. ”
E se lo dice un che gli è di Prato
che Carlo era un poeta sopraffino,
credetemi, so che ci mancherà
i’ canto suo di vita e libertà.
(Giovanni )

Letti per voi :
Un buon libro che ci riguarda in prima persona :
“…le medaglie d’oro concesse alle donne dallo Stato italiano si contano sulle dita delle mani. Quella conferita a Norma Parenti sopravvive oggi a malapena alla gloria di un passato che lentamente sbiadisce. La giovane toscana è riuscita ad essere allo stesso tempo una moglie, una madre e una partigiana, diventando una martire del nostro tempo senza nessuna volontà drammaturgica. Il suo sacrificio è stato riconosciuto subito dopo la guerra, ma poichè nessuno ha cercato di idealizzarla in una dimensione tragica, la Storia ha messo la sordina al suo nome e ne ha appannato i contorni, contribuendo a oscurarne il ricordo. Nella sua Massa Marittima la ricordano tutti, o ne hanno almeno sentito parlare, ma al di fuori della provincia di Grosseto, o della Toscana, ben pochi conoscono Norma Parenti e il contributo straordinario che dette alla Resistenza contro il nazifascismo ”

Riccardo Michelucci L’eredità di Antigone- storie di donne martiri per la libertà Ed. Odoya
http://www.youtube.com/watch?v=WWrk2gx2FcA
 
 
Fotografa Contro : Marianna Leone
Marianna Leone è una giovane fotografa, una delle più belle novità degli ultimi anni. Nata in Basilicata, cresciuta in Puglia, vive oggi a Roma. Laureata in filosofia estetica a Siena, ex allieva della Scuola Romana di Fotografia. Nel 2012, con il suo lavoro sulla periferia romana “Cosa Sono le nuvole” ha collaborato al progetto foto-giornalistico “The Naked City Project” entrando nell’archivio di immagini sulla città di Roma. Ecco alcuni dei suoi ultimi lavori…
Il giardino delle ferule…..

http://youtu.be/SIUliLBnGFY
Qui invece il lavoro La Nuit
http://www.facemagazine.it/la-nuit/
e qui un grande reportage su Taranto, ecco, dopo averlo visto non posso che ricordare-augurare a Marianna questa citazione di Tano D’ Amico:
“Ogni bella immagine costa la tensione di una vita intera. Costa un amore infinito, più di qualsiasi avvenimento contano gli occhi che lo guardano. ”

http://www.facemagazine.it/la-mia-taranto/
 
 
Vogliamo ricordare Franco Serantini con un racconto di Nanni Balestrini. Il comune di Pisa ha invece deciso di ricordarlo intitolando una strada al fascista repubblichino Niccolai, contro il cui comizio Franco manifestava e per questo fu ucciso dalla polizia. “Pisa vituperio de le genti ” l’aveva già capito Dante…
Un racconto di Nanni Balestrini pubblicato su “In ordine pubblico”, a cura di Paola Staccioli. Al termine, la scheda su Franco Serantini, morto il 7 maggio 1972.
Oggi è stata sottoposta ad autopsia la salma di Franco Serantini il giovane di 20 anni che arrestato venerdì sera durante i disordini scoppiati a Pisa in seguito al comizio dell’on. Niccolai del msi è morto domenica mattina in carcere per trauma cranico. Area ecchimotica in corrispondenza dell’angolo interno della regione palpebrale sinistra sul cadavere. All’istituto di medicina legale dell’università di Pisa nel pomeriggio è stata compiuta l’autopsia della salma di Franco Serantini il ventenne anarchico morto com’è noto nel carcere Don Bosco domenica mattina per trauma cranico il giovane arrestato venerdì dalla polizia durante disordini scoppiati in città in concomitanza con il comizio dell’onorevole Niccolai del movimento sociale. Escoriazioni circondate da alone ecchimotico in regione frontoparietale sinistra del cadavere. Solo l’autopsia che è cominciata oggi nel tardo pomeriggio nell’istituto di medicina legale presente il procuratore della Repubblica Tanzi permetterà di stabilire com’è morto Franco Serantini il ragazzo sardo arrestato durante i disordini avvenuti venerdì nel centro di Pisa per il comizio di chiusura del Msi. Aree escoriate con impronte punteggiate alla regione laterale dell’emitorace destro del cadavere.
Oggi inoltre è stato possibile ricostruire sommariamente le ultime ore di vita del giovane il quale ha partecipato alla dimostrazione contro il comizio del msi in quanto ideologicamente vicino alla federazione anarchica pisana e a Lotta continua. Minute escoriazioni diffuse con qualche striatura e leggera soffusione ecchimotica alla regione scapolare sinistra e a quella interscapolo-vertebrale del cadavere. L’autopsia è stata conclusa a tarda sera e i periti hanno chiesto un notevole lasso di tempo per rispondere alle domande poste dal magistrato essenzialmente sulla natura del trauma cranico che secondo il certificato di morte firmato dal medico del carcere avrebbe procurato il decesso del Serantini. Zone escoriate al 3° superiore del braccio destro del cadavere. Sulle cause che hanno provocato il trauma cranico come si legge nel referto di morte redatto dal medico del carcere non vi dovrebbero essere dubbi sarebbero le conseguenze del pestaggio che il giovane Franco subì durante le indiscriminate cariche della polizia sui lungarni e nei vicoli adiacenti. Due escoriazioni al 3° inferiore della faccia posteriore del braccio destro del cadavere.
Franco Serantini fu fermato molto probabilmente verso le 20.30 di venerdì sera in corso Italia durante una carica della polizia e in nottata il fermo si tramutò in arresto con conseguente denuncia all’autorità giudiziaria per radunata sediziosa vilipendio delle forze dell’ordine violenza e oltraggio a pubblico ufficiale. Area escoriativa a configurazione semilunare sul lato ulnare del terzo medio della faccia superiore dell’avambraccio destro del cadavere. Franco Serantini fu fermato presumibilmente verso le 20.30 di venerdì sera in corso Italia durante una carica della polizia in nottata il fermo fu tramutato in arresto e il ragazzo venne denunciato per radunata sediziosa vilipendio alle forze dell’ordine e oltraggio a pubblico ufficiale. Chiazza ecchimotica appena sfumata alla faccia postero laterale del braccio sinistro del cadavere. È probabile che sia stato arrestato nei pressi di piazza della Berlina dove gli scontri fra gli appartenenti a Lotta continua e le forze di polizia furono particolarmente violenti. La faccia profonda del cuoio capelluto parietofrontale del cadavere evidenti stravasi ematici.

Sempre in nottata venne trasferito al carcere giudiziario di Don Bosco dove il sabato mattina venne interrogato dal sostituto procuratore della Repubblica dr. Sellaroli alla presenza di un avvocato nominato d’ufficio. Vistoso ematoma in regione occipitale infiltrazione emorragica della parte posteriore della sutura sagittale e infiltrazione della sutura lamboidea e una sottile linea di frattura sul parietale destro del cadavere. Sabato mattina alla presenza del difensore nominato d’ufficio il Serantini fu interrogato in carcere dal dottor Sellaroli stando a quanto il magistrato stesso ha dichiarato ammise la sua partecipazione allo scontro. Voluminosa raccolta ematica extradurale in regione occipitale. Comunque il giovane non venne portato all’ospedale ma direttamente in questura per cui si ritiene che nella casa di pena Don Bosco dovrebbe essere entrato in nottata verso l’una di sabato mattina poche ore dopo il sostituto procuratore dottor Sellaroli procedeva al suo interrogatorio. Diffusa soffusione emorragica sottopiale sulla convessità degli emisferi cerebrali prevalentemente sulle due regioni parietali.
Lo stesso dr. Sellaroli ha detto quest’oggi che il ragazzo che arrivò all’interrogatorio sorretto da un agente carcerario dichiarò di avere forti dolori alla testa e per questo quando fu ricondotto in cella gli venne data una borsa con del ghiaccio. Zona di infiltrazione ematica parenchimale a livello di lobulo parietale superiore destro. Il giovane sempre a detta del magistrato accusò durante l’interrogatorio forti dolori alla testa e fu quindi accompagnato in cella dove gli fu data una borsa di ghiaccio. Focolaio di infiltrazione ematica sulla faccia inferiore dell’emisfero cerebellare destro del cadavere. Al magistrato Franco Serantini disse ripetutamente di avere dei forti dolori alla testa c’è da domandarsi perché nonostante il giovane affermasse di sentirsi male nessuno si è preoccupato di sottoporlo a quegli esami che avrebbero permesso di stabilire che egli aveva riportato un trauma cranico grave. Sottile linea di frattura della porzione esterna della volta dell’orbita sinistra con infiltrazione della parte anteriore.
Soltanto nella mattinata di domenica essendosi aggravate le sue condizioni il Serantini passò dalla cella al centro clinico del carcere dove secondo il certificato medico firmato dal direttore sanitario della Casa di pena ha cessato di vivere alle 9.45 per trauma cranico. Focolai emorragici circoscritti alla faccia posteriore del cuore. Nelle prime ore della domenica le sue condizioni sembrarono aggravarsi e venne ricoverato al centro clinico del carcere dove alle 9.45 cessò di vivere. Notevole stravaso ematico sia a livello del sottocutaneo che fra le masse muscolari alla superficie dorsale destra del cadavere. Il certificato di morte fa risalire il decesso alle 9.45 di domenica mattina ma non sappiamo quando il medico è intervenuto si sa soltanto che è stato trasportato dalla cella al centro clinico del carcere e qui è spirato. Stravaso ematico rotondeggiante alla regione dorsale sinistra sulla proiezione della 7° costa sulla paravertebrale.
Franco Serantini avrebbe compiuto 21 anni il 7 luglio prossimo e da quella data avrebbe lasciato per sempre l’istituto di rieducazione di Pisa dove era ospite nato a Cagliari dopo l’infanzia trascorsa nel brefotrofio di quella città era stato ospite di diversi istituti di tutt’Italia era a Pisa da tre anni frequentava il secondo anno dell’istituto professionale per il commercio e nel pomeriggio seguiva un corso all’Ibm. Infiltrazione ematica superficiale del 3° superiore del braccio destro del cadavere. Il giovane era figlio di ignoti e aveva sempre vissuto in orfanotrofi e istituti assistenziali per minori. Incisione dei tessuti cutaneo-muscolo-fasciali del braccio sinistro del cadavere. Franco Serantini senza genitori nato a Cagliari il 7 luglio 1952 era giunto a Pisa dove aveva girato diversi istituti e brefotrofi la sua ultima casa era l’istituto di rieducazione Pietro Thouar in piazza San Silvestro e da tutti i suoi superiori e dagli amici era considerato un ragazzo buono onesto studioso. Incisioni delle parti molli del 3° superiore laterale della gamba sinistra edema del sottocutaneo con infiltrazione ematica a livello della abrasione esterna.

Tremila giovani hanno accompagnato questo pomeriggio al cimitero di Pisa la salma di Franco Serantini oggi composto nella bara è stato avvolto nel drappo rosso e nero dell’anarchia intorno al tumulo di terra fresca sono state lasciate a indicare la tomba del giovane quattro bandiere rosse. Encefalo focolai ecchimotici confluenti. Si sono svolti nel pomeriggio i funerali di Franco Serantini lo hanno accompagnato al cimitero suburbano di Pisa tremila giovani e non tutti erano appartenenti a movimenti extraparlamentari di sinistra cui Franco Serantini era politicamente vicino la bara avvolta nel drappo rosso e nero dell’anarchia è stata interrata mentre i tremila che erano entrati nel cimitero cantavano Addio Lugano bella e L’Internazionale. Cuore emorragia epicardica polmone campo di infiltrazione emorragica. La bara è scesa nella fossa mentre intorno i compagni di Franco Serantini cantavano L’Internazionale e Addio Lugano bella un giovane anarchico ha pronunciato un brevissimo elogio funebre dicendo Franco Serantini è morto per la libertà e gli anarchici continueranno a difenderla sempre in piedi Franco ti hanno ucciso ma ti vendicheremo. Muscolatura scheletrica focolai ecchimotici interstiziali.
Scheda.
Il 5 maggio 1972, durante la campagna elettorale, il missino Giuseppe Niccolai tiene un comizio a Pisa. Al presidio antifascista indetto da Lotta continua, duramente caricato dalla polizia, partecipa tra gli altri un ventenne militante del Gruppo anarchico Pinelli. Abbandonato alla nascita nel brefotrofio di Cagliari, costretto dal 1968 a vivere, senza alcuna ragione penale, in regime di semilibertà nel riformatorio di Pisa, Franco Serantini era impegnato in quegli anni in iniziative sociali e politiche, dalla controinformazione sulla “strage di Stato” al Mercato rosso nel quartiere popolare del Cep.
Durante gli scontri fu pestato a sangue sul lungarno Gambacorti dagli uomini del 2° e 3° plotone della Terza compagnia del i Raggruppamento celere di Roma, pur non avendo opposto resistenza, come testimoniò il commissario di ps Giuseppe Pironomonte che lo sottrasse, con l’arresto, alla furia degli agenti, e si dimise poco dopo i fatti. Trasferito nel carcere Don Bosco con l’accusa di oltraggio e adunata sediziosa, Franco fu privato dell’assistenza che avrebbe forse potuto salvarlo. Il giorno successivo, anche nel corso dell’interrogatorio, manifestò un evidente stato di malessere e una forte cefalea che il giudice, le guardie carcerarie e il medico non ritennero degni di un approfondimento diagnostico. Entrato in coma nella sua cella, morì nel pronto soccorso del carcere alle 9.45 del 7 maggio. Una grande folla accompagnò, per l’ultimo saluto, quel corpo straziato, che all’avvocato presente all’autopsia era apparso «massacrato al torace, alle spalle, al capo, alle braccia. Tutto imbevuto di sangue».
Le indagini volte all’individuazione dei responsabili furono ostacolate da tentativi di rimozione dei magistrati “scomodi” e dal muro di omertà dei poliziotti presenti. Nel novembre 1972 il medico del carcere Alberto Mammoli ricevette comunque un avviso di procedimento per omicidio colposo, mentre il giudice istruttore Funaioli si espresse in favore di un’azione penale contro Albini Amerigo e Lupo Vincenzo, capitano e maresciallo di ps del i Celere di Roma, e la guardia Colantoni Mario, per aver affermato il falso e taciuto «ciò che era a loro conoscenza […] per assicurare l’impunità agli agenti responsabili dell’omicidio di Franco Serantini».
Nella sentenza depositata nell’aprile 1975 il giudice Nicastro dichiarò «non doversi procedere in ordine al delitto di omicidio preterintenzionale in persona di Serantini Franco per esserne ignoti gli autori». Lupo e Mammoli vennero prosciolti. Albini e Colantoni, condannati per falsa testimonianza a 6 mesi e 10 giorni con la condizionale e la non iscrizione nel casellario giudiziale, furono assolti nel gennaio 1977. Nel marzo dello stesso anno il dottor Mammoli venne ferito alle gambe da militanti di Azione rivoluzionaria, organizzazione armata dell’area anarco-libertaria.

E siccome al peggio non c’è mai fine….
Nuova grave iniziativa parafascista : l’amministrazione comunale (centrosinistra si fa per dire) di Orbetello ha deciso di commemorare in pompa magna gli 80 anni della trasvolata di Italo Balbo… ora, commemorare Italo Balbo non è un passaggio triste o un infortunio di una amministrazione, (queste le flebili rimostranze pd ) è un cosciente atto di revisionismo storico che banalizza e sminuisce il fascismo di un criminale capobanda assassino in Italia e in Africa, è , come la decisione di Pisa di intitolare una strada al fascista Niccolai, un gesto pavido, ignorante e scellerato, di chi lo fa e lo permette. Spero solo che questi personaggi deficienti culturali e analfabeti di ritorno non abbiano il coraggio di presentarsi più nè il 25 aprile nè gli altri giorni, e, alla maremmana, che se ne vadano affanculo, ma di tutto cuore !
 
“Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi. Prima di abituarci alle loro facce. Prima di non accorgerci più di niente”
(Peppino Impastato, ucciso dalla mafia il 9 maggio 1978)

Gli uomini guardano il cielo
E si stupiscono,
guardano la terra
e si muovono a pietà,
ma, stranamente,
non si accorgono di loro stessi.
Peppino Impastato
http://www.youtube.com/watch?v=6QWUmTOuB1M
il 9 maggio è l’anniversario oltre che dell’assassinio di Peppino Impastato di quello di Ulrike Meinhof

http://baruda.net/2009/05/09/9-maggio-ulrike-meinhof-1°-parte-della-commissione-internazionale-dinchiesta-sulla-sua-morte/
 
filmato raro e bello…..Pinelli, cineasti militanti, 1971

http://www.youtube.com/watch?NR=1&feature=endscreen&v=EZ0kgZIrVKU
 
Film : Sacco e Vanzetti

http://youtu.be/jK7yeJ3jY3g
 
 
Film d’amore e di anarchia…

http://youtu.be/P95NMxzNPW4

 
 
Musica nostra : Bobo Rondelli…..
 
intervista…
 
 
concerto…..
 
 
 
 
 
 
 
 
L’angolo di Luciana Bellini
 
In questi giorni presentiamo Luciana al Follow me Festival di Follonica ,il 1 giugno alle 17,30, e quasi contemporaneamente esce la sua ultima fatica curata da Antonello Ricci, “Tre pezzi 100 lire” un piccolo capolavoro della narratrice maremmana di cui qui riportiamo alcuni passaggi…
 
 
…Cominciò ‘n quel modo lì, almeno io me lo ricordo così. E dopo qualche anno ‘n casa c’era più plastica che coccio. In quattr’e e quattr’otto cambiò tutto, e se lì per lì le donne più vecchie traccheggiavano, dopo, anche loro gli aprirono l’uscio di casa. La plastica era cento volte meglio: se cascava un si smaltava nè sbroccolava, e la mi’ nonna levò quella di rame e sopra all’acquaio ci mise ‘na catinellina celeste-turchino. Era più comoda sì : quella lì un c’era mica bisogno di lustralla. “Davvero, c’è da ringrazià chi l’ha inventata ‘sta roba” diceva lei sempre più convinta. Giù pel nostro vicolo e più su e più là quello fu l’inizio dei cambiamenti, de le novità. Fu così che le case piano piano si svotarono de le cose di sempre. Me lo ricordo bene. quel giorno venne la mi’ nonna e tutta agitata alla mi’ mamma gli fece: Voi venì Beppina? Io vo là, ora ora Gina m’ha detto che c’è un banco con certe bambole grosse..pare le regalino ! Basta portargli qualcosa di vecchio e loro ti danno la bambola: te la fanno capà ! ” Era vero: le bambole, le regalavano ! E la mi’ nonna scelse la sua. Barattavano ‘l novo col vecchio, e lei, in cambio gli portò ‘na lucerna di ottone e ‘n bricco di porcellana. Rideva la bambola ritta ne la su’ scatola di cartone e contenta ringraziava la mi’ nonna chè l’aveva portata a casa sua. Anche lei era allegra come ‘na cittina ‘l giorno de la Befana, e piano piano mentre la posava nel mezzo del letto gl’allargava le gale del vestito di organdise celeste e gli tirava su i braccini co’ le mani ‘n bella posa. ” E’ bella o no ? Guardatela qui : pare ‘na cittina pare ! ” diceva mentre gl’appareggiava i boccoli nel davanti del vestito. “Chissà che me ne facevo di que’ trofei! Che voi sapè quant’era ch’erano lì dietro l’uscio de lo stanzino; mi davano noia e basta !”Erano rotti: la lucerna zoppicava e ‘l bricco era ‘ncrinato e senza coperchio” diceva senza mai smette’ di guardà la su’ bambola.”Guardate che capelli: sembrano veri? ‘N cima a ‘sto letto pare ci sia sempre stata. Eh sì, a me le bambole mi so’ sempre garbate tanto, ma ‘nnò mai potute comprà chè, prima era prima ! Percarità, anche ora che ciò da mantenemmi per me e basta, con cinquemila lire di pensione c’è da pensà a le bambole sì ! Questa però un m’è costata manco ‘n centesimo ..” Mi pareva impossibile che ‘na donna vecchia diventasse piccina all’improvviso, eppure, a la mi’ nonna gl’era successo.
Cominciò così: prima col cambio eppoi coi soldi.
Dopo un po’ di tempo passarono giù pel vicolo du’ omini co’ sacchi ‘n spalla, ma n’erano cenciaioli: erano mercanti ! Questo però s’è capito dopo. Pagavano e pagavano bene secondo quelle donne. Compravano di tutto: si contentavano di poco chè pigliavano anche la roba rotta! Più era vecchia meglio era. Quella volta a la mi’ nonna gli sparirono di cas du’ lumini Richard Ginori. Nel bianco de la porcellana le roselline rosa spiccavano tra i bordi orlati e ricamati di più, e quella specie di bicchierino che stava lì sopra pareva ‘l giocattolo d’una bambola Regina. A me, quei du’ lumini m’ incuriosivano, e la mi’ nonna m’aveva detto che lì, prima-prima ci tenevano ‘l caffè in caldo. Si chiamavano lumini da notte perchè si tenevano ‘n camera, e se ‘n nottata ti sentivi male bevevi subito qualcosa di caldo. Tira tira la mi’ nonna ci ricavò cinquemila lire, ma nel prezzo c’era compresa anche la tazza da colazione col manico arricciolato che quei mercanti avevano adocchiato dentro il caffeause. Quella volta però c’ebbe da contrattà: si sgolò perchè gli sembrava troppo poco, lei voleva di più ! Un mi sembrò contenta: pensosa rigirava quel foglio di carta tra le mani. Pareva stanca. Si mise a sedè: guardava i soldi, guardava la vetrina..ma ormai i passi di quell’omini erano già spariti su pel vicolo. Allora ‘nno sapevo, ch’ero troppo piccina, oggi però so’ sicura che quel giorno con cinquemila lire quei mercanti di ricordi, oltre a quell’oggetti gli portarono via anche ‘n pezzetto di vita a la mi’ nonna: quella la presero e gne la pagarono. Per poche migliaia di lire quell’omini senza scrupoli, ‘n passo alla volta ‘n passo alla volta, ci portarono via un po’ di memoria………
 
 
 
 
Le vostre e mail- lettere al subcomandante capraio
 
 “Senti un po’ subcapraio stiacciagrilli, ma te che ne pensi di Don Gallo appena sepolto al canto di Bella Ciao ma con la messa del presidente CEI cardinal Bagnasco: un compagno schierato con gli ultimi o un prete comunque organico alla chiesa e al Vaticano ? Giorgio la talpa”
  

 “Caro tarpone, te la dico senza perifrasi: a me Andrea Gallo garbava di molto umanamente, ma il Gallo eh, non Don Gallo, che il Vaticano non lo riconosciamo proprio, nè integrale, nè post moderno nè di “sinistra”

 
  
  
Riceviamo da Barcelona mail del maestro regista Umberto Lenzi, che detiene anche un grande archivio sulla guerra civile spagnola: ” …Colgo l’occasione per inviarti l’ultima strofa dell’inno della CNT Confederacion Nacional de Trabajo , scritto nel 1934 dal militante anarchico Valeriano Orobon Fernandez”
A LAS BARRICADAS
……………………………….
En piè el pueblo obrero
a la batalla
hay que derrocar a la reaccion
a las barricadas! a las barricadas,
por el triunfo de la Confederacion
 
Grazie Umberto ! Speriamo che presto il tuo archivio trovi degna sistemazione in Maremma !
 
 
Diverse e mail ci chiedono di cosa stia accadendo nella città del golfo….. Vergogna…..il caso “campo nomadi ” a Follonica

 
 
Vi è capitato ultimamente di leggere articoli dal titolo “NO al campo nomadi a Follonica” ? Fatelo, sono istruttivi della ignoranza, delle paure di massa alimentate da liste e giornali di destra il cui livello culturale è inversamente proporzionale alla loro malafede. Sono persino comiche nella loro tragica realtà le motivazioni di queste persone : noi non siamo razzisti, anzi, abbiamo cancellato dal gruppo nato in fb gli estremisti (cioè numerosi tipi che auguravano roghi, fucilate, campi di concentramento e altre squisitezze a 9 persone, tra cui 5 bambini, che frequentano da dieci anni la città ) Noi vogliamo che vadano più in là (non li vogliamo vedere, insomma) noi vogliamo che questi fondi (tremila euro per gli allacciamenti, da rendere) vadano ai follonichesi più bisognosi (che “loro “evidentemente non sono dopo dieci anni nè follonichesi, nè bisognosi e magari puzzano, rubano, accattonano, etc non sono umani come noi, eh !). Sì, se si spendono 300000 euro per festeggiare quel criminale fascista assassino di Italo Balbo va bene, se si spendono per il calcio la sagra del turista spiaggiato ancora meglio, ma tremila euro per due famiglie ( diventate nel frattempo un milione di euro per un campo nomadi per centinaia di ladri di bambini, con minacce all’assessore raccolta di firme etc, vedi report su siti fascisti che citano la lista Follonica libera ) allora il popolo sovrano insorge cazzuto e clicca come un matto…magari tra un po’ vi appoggiano quelli che credono che sondaggi e referendum in rete costituiscano la democrazia…sì, se fosse per questo vorrei solo ricordare che Hitler vinse le elezioni, Stalin era idolatrato in mezzo mondo e Mussolini se non fosse sceso in guerra pensando fosse già finita, sarebbe stato al potere altri 30 anni come il suo amico boia Franco in Spagna…sondaggi e cliccaggi “che il popolo è sovrano” sono solo la spia di persone strumentalizzate, impaurite, arroganti con i deboli e ruffiane con i forti, che se la ridono a godersi l’ennesima guerra tra poveri, indisturbati. Il grado di civiltà di un popolo, e non di una accozzaglia di bruti postmoderni, si misura con il livello di cultura, sensibilità, solidarietà e libertà, tutto il resto sono chiacchere post e neo fasciste, razziste e demenziali.

 

dedicato a quelli che i nomadi neppure il gruppo musicale
a quelli che io non sono razzista ma loro sono incompatibili con noi
a quelli che si fa un bel sondaggio che il popolo è sovrano eh !
a quelli che vedrai Grillo fa piazza pulita, li apriremo come una scatoletta di tonno !
sì, il popolo è un bambino….. 🙂

http://youtu.be/DMsHDhBK5ok

Io non credo nei partiti. Ma non perché siano stati occupati da persone disoneste. Io non credo nei partiti perché non credo nella delega. […] Non sono un comunista. Io sono anarchico. Non mi interessa che il popolo vigili sull’amministrazione pubblica. Io non credo che il popolo debba essere amministrato da qualcuno. Io voglio il superamento di questa democrazia, non che venga amministrata decentemente. Questo era il dibattito negli anni ’60 rispetto ai manicomi. Qualcuno voleva umanizzarli, qualcun altro cancellarli. Si umanizza un’istituzione disumana solo cancellandola. ”
( Ascanio Celestini )
le foto di questo numero sono di Stefano Pacini, Marianna Leone e altri autori non identificati (fatevi vivi)
Link utili
www.stefanopacini.org
www.radiomaremmarossa.it
www.carmillaonline.com
www.ltmd.it
www.infoaut.org
http://collettivoanarchico.noblogs.org
www.senzasoste.it
www.finimondo.org
femminismo-a-sud.noblogs.org/
Maremma Libertaria Esce quando può e se e come gli pare. Non costa niente, non consuma carta e non inquina, se non le vostre menti. Vive nei nostri pensieri,perchè le idee e le rivoluzioni non si fanno arrestare, si diffonde nell’aere se lo inoltrate a raggera. Cerca di cestinare le cartoline stucchevoli di una terra di butteri e spiagge da bandiere blu,che la Terra è nostra e la dobbiamo difendere! Cerca di rompere la cappa d’ipocrisia e dare voce a chi non l’ha, rinfrescando anche la memoria storica, che senza non si va da nessuna parte. Più o meno questo è il Numero 12 del 29 maggio 2013. Maremma Libertaria può essere accresciuta in corso d’opera ed inoltro da tutti noi, a piacimento, fermo restando l’antagonismo , l’antifascismo e la non censura dei suoi contenuti.
In Redazione, tra i cinghiali nei boschi dell’alta maremma, Erasmo da Mucini, Ulisse dalle Rocche, il Fantasma della miniera, il subcomandante capraio, Alberto da Scarlino, Alessandro da Grosseto, Antonello dalla Tuscia, Luciana da Pomonte,Complici vari , Ribelli di passaggio,maremmani emigrati a Barcelona.
No copyright, No dinero, ma nel caso idee, scritti, foto, solidarietà e un bicchiere di rosso.
My way Sid Vicious !
http://youtu.be/HD0eb0tDjIk

Nostra patria il mondo intero, nostra legge la Libertà, ed un pensiero Ribelle in cuor ci sta (Pietro Gori)
http://youtu.be/_KVRd4iny8E

Potranno tagliare tutti i fiori, ma non riusciranno a fermare la Primavera (Pablo Neruda)
http://youtu.be/wEy-PDPHhEI
(Victor Jara canta Neruda)

 
Sempre, comunque e dovunque : Libertà per tutti i compagni arrestati !– Fori i compagni dalle galere !-Libertad para todos los presos ! – liberdade para companheiros presos! -comrades preso askatasuna!- liberté pour les camarades emprisonnés!-freedom for imprisoned comrades !- Freiheit für inhaftierte Genossen!- ελευθερία για φυλακισμένους συντρόφους ! – الحرية لرفاق