Brucia Ortensia, Brucia !
L’auto ce l’ha prestata Carlo. In piazza quando siamo partiti sembrava che andassimo alla guerra: madri in lacrime, un sacco di amici preoccupati, ci hanno allungato persino un pezzo di prosciutto. Sanno che laggiù sarà difficile anche telefonare. Io non ho la patente, Maurizio neppure e Alì ce l’ha da due mesi e guida come un pazzo. Il problema della macchina è che a freddo non parte e quindi la notte cerchiamo di parcheggiarla in discesa. Oppure la mattina scendiamo tutti a spingerla per poi entrarci al volo. Alla prima frontiera con la Spagna tutto bene, ma quando arriviamo a quella con il Portogallo le Guardie Civil di Franco non hanno creduto che eravamo turisti. Ci hanno perquisito l’auto e quando finalmente siamo ripartiti uno di loro ha sputato per terra dicendo schifato: “comunisti”. Noi allora appena entrati in Portogallo abbiamo cantato a squarciagola l’Internazionale, con i pugni chiusi fuori dai finestrini. Alcuni ci guardavano stupiti, un contadino con una zappa in spalla ci ha salutato.
A Lisbona stiamo in un vecchio albergo abbandonato con i pavimenti in legno occupato dagli italiani di Lotta Continua e vari gruppi in Rua do Prior. Sopra il portone uno spray rosso ha tracciato grande la scritta AARPI che sta per Associazione di Amicizia Rivoluzionaria Portogallo-Italia. C’è Boato, Paolo Hutter,Franco Platania, Paolo Ramundo, Sparagna per il PDUP, Carlo Panella che è il corrispondente di Lotta Continua e viaggia con una giornalista tedesca. Un giorno è stata indetta una conferenza stampa per spiegare che presto a Roma ci sarà una grande manifestazione della sinistra rivoluzionaria in solidarietà con il Portogallo, e la sera ci siamo rivisti al telegiornale. In un mobiletto ho trovato le diapositive delle foto scattate pochi mesi fa da Tano D’amico. Dalle finestre vediamo il Tago e mezza città. Dormiamo sopra brande che erano state dei soldati portoghesi nelle colonie in Africa. Ce le hanno portate i soldati rivoluzionari di una vicina caserma, soldati con i capelli lunghi che partecipano in divisa ed armati ai cortei di sinistra che percorrono tutti i giorni la città; ci sembra di sognare. In una piazza abbiamo trovato anche Pino Masi che cantava “l’ora del fucile “, si sentiva da lontano il suo tuonare. Scorrazziamo insieme a giornalisti tedeschi per il centro di Lisbona o nelle fattorie occupate dell’Alentejo. Ovunque accada qualcosa, scatto foto alla luce incredibile della città sul Tago con i suoi tram sferraglianti d’anteguerra, i suoi palazzi coperti di azulejos, i mercati all’aperto dove puoi trovare di tutto, dalle scarpe all’erba angolana, dagli zingari che suonano nenie tristi a neri giganteschi che vogliono solamente parlare con te curiosi di capire da dove vieni e cosa fai, mentre studenti universitari attaccano enormi manifesti e striscioni in stile maoista. Ragazzini a piedi nudi come i nostri scugnizzi napoletani si rincorrono dietro un pallone di stracci e un vecchietto malmesso ma con l’aria dignitosa mi domanda se voglio comperare un mensile anarchico che si chiama “Merda”(con la a cerchiata). Alla radio nazionale occupata da un collettivo di giornalisti abbiamo lasciato in dono alcuni dischi. Una mattina accendiamo la radio e in mezzo a un profluvio di parole in portoghese capiamo “disco, dono di compagni italiani, Area gruppo popolare internazionalista”, e subito dopo sentiamo con emozione la voce inconfondibile di Demetrio Stratos “… la mia rabbia legge sopra i quotidiani, canta il mio dolore, canta la mia storia, canta la mia gente che non vuol morir… ” Spesso scortiamo il corrispondente di Lotta Continua, che ci sembra vecchio anche se in realtà avrà trent’anni. La sera dopo aver avuto la linea nel palazzo dei telefoni detta l’articolo a Roma. Una mattina giunge la notizia che in Spagna il dittatore morente Franco farà fucilare cinque antifascisti Baschi e Catalani. Partiamo in corteo in migliaia, muovendo dal centro ci dirigiamo verso l’ambasciata di Spagna distante diversi chilometri. Entriamo dentro il consolato, poi dentro la compagnia Iberia, polverizzando ogni cosa con mazze, picconi e mani nude. Non ci ferma nessuno, molti ci applaudono mentre urliamo i nomi dei fucilati, la polizia sta a guardare, non vuole rogne. Arrivati all’ambasciata, un palazzo immenso, troviamo degli autobus dirottati da gruppi di ladruncoli del Rossio, mentre noi spacchiamo tutto loro “salvano ” argenteria, quadri, mobiletti, automobili persino, il loro mercato parallelo ci camperà per settimane. Dopo alcune ore arrivano dei camion carichi di parà, sparano raffiche di mitra in aria per disperderci. Me ne ritorno in Rua Do Prior a piedi portandomi a mo’ di trofeo una targa dell’ambasciata strappata dal portone. Per strada mi abbracciano scambiandomi per spagnolo……………
Camillo Berneri nasce a Lodi il 28 maggio 1897. Trasferitosi nel 1905 a Reggio Emilia, aderisce giovanissimo al movimento giovanile socialista grazie all’influenza della madre, Adalgisa Fochi, insegnante
Muore assassinato dai comunisti il 5 maggio del 1937 a seguito del tragico scontro tra antifascisti scoppiato a Barcellona [4].
L’assassinio di Berneri
Durante la rivoluzione spagnola Berneri rivolge la sua critica soprattutto verso quelle forze che, all’interno del campo repubblicano e “democratico”, perseguono obiettivi “particolari” o ritenuti comunque pericolosi. In breve gli eventi precipitano, culminando con i fatti del tragico maggio barcellonese, dove Camillo viene ucciso insieme al compagno di lotta Francesco Barbieri, il 5 maggio 1937, dagli agenti della Ceka, un commando composto da comunisti italiani e spagnoli.
I fatti
«… Verso le 6 del pomeriggio un gruppo di “mozos de escuadra” e di “bracciali rossi” del PSUC irrompe nel porton numero 3. Li comanda un poliziotto in borghese; in tutto, saranno una dozzina. Salgono gli scalini di marmo che portano al primo piano e bussano alla porta di Berneri. Ad aprire è Francisco Barbieri, 42 anni, anarchico di origine calabrese. Nell’appartamento, oltre Berneri, c’è la compagna di Barbieri e una miliziana. – Il poliziotto in borghese intima ai due anarchici di seguirlo. – E per quale motivo? – Vi arrestiamo come controrivoluzionari. – Barbieri è paonazzo. – In vent’anni di milizia anarchica – dice – è la prima volta che mi viene rivolto questo insulto. – Appunto in quanto anarchici, siete controrivoluzionari. – Il suo nome fa Barbieri irritato – Gliene chiederò conto presto. – Il poliziotto rovescia il bavero della giacca e mostra una targhetta metallica con il numero 1109. – I due anarchici vengono portati via, mentre la compagna di Barbieri chiede invano di poterli seguire. – Ma il viaggio è breve, di quelli che non ammettono testimoni. Berneri è gettato a terra in ginocchio e con le braccia alzate, e da dietro gli sparano a bruciapelo alla spalla destra. Un altro colpo alla nuca, lo finisce. Barbieri segue la stessa sorte, ma il lavoro è meno pulito, gli assassini sprecano più colpi. Più tardi, verso sera, i cadaveri vengono abbandonati nel centro della città… ».
Il commiato
«… Durante il mattino il corpo straziato di Camillo Berneri fu trovato dove era stato gettato dalle guardie del PSUC, che lo avevano preso dalla sua casa la sera precedente. Berneri… era sfuggito agli artigli di Mussolini e aveva combattuto i riformisti (compresi i leader della CNT) nel suo organo influente, «Guerra di Classe». Egli aveva definito la politica stalinista in poche parole: “odora di Noske”. Con parole audaci aveva sfidato Mosca: “Schiacciata tra i prussiani e Versailles, la Comune di Parigi aveva dato inizio ad un fuoco che aveva acceso il mondo. Che i generali Goded di Mosca lo ricordino”. Egli aveva dichiarato alle masse della CNT: “il dilemma guerra e rivoluzione non ha più senso. Il solo vero dilemma è: o la vittoria su Franco grazie alla guerra rivoluzionaria, o la sconfitta”. Come terribilmente vera era stata la sua identificazione di Noske con gli stalinisti! Come il socialdemocratico Noske aveva fatto rapire e assassinare Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, così gli stalinisti avevano assassinato Camillo Berneri. Ricordiamolo con l’amore che portiamo al nostro Karl e alla nostra Rosa. Mentre scrivo, compagni, non posso fare a meno di piangere, piangere per Camillo Berneri. L’elenco dei nostri morti è lungo quanto la vita della classe operaia. Fortunati furono quelli che caddero combattendo apertamente i loro nemici di classe, nel mezzo della battaglia con i loro compagni a fianco. Molto più terribile è morire soli, per mano di coloro che si chiamano socialisti o comunisti, come è accaduto a Karl e a Rosa, come stanno morendo i nostri compagni nelle camere di esecuzione dell’esilio siberiano. Un’angoscia particolare fu quella di Camillo Berneri. Morì per le mani di “marxisti-leninisti-stalinisti”, mentre i suoi più cari amici, la Montseny, Garcia Oliver, Peirò, Vasquez stavano consegnando il proletariato di Barcellona ai suoi esecutori. Giovedì 6 maggio. Ricordiamo questa data… ».
Il pensiero
Giovanna Caleffi con le figlie Maria Luisa (alla sua destra) e Giliana Berneri
E’ necessario immediatamente dire che l’opera teorica di Berneri é rimasta ovviamente incompiuta a causa della sua prematura scomparsa, nonostante ciò la letteratura anarchica è disseminata di centinaia di suoi scritti pubblicati sulle varie riviste e giornali su cui scriveva.
Berneri prosegue sulla strada tracciata da Malatesta, ovvero cerca di sviluppare il metodo malatestiano, basato sulla separazione tra giudizi di fatto e giudizi di valore, nel tentativo di trovare nuove vie che rendano quindi l’azione anarchica più aderente alla realtà dei fatti, e quindi più concreta, senza però cambiarne la finalità ultima.
L’anarchismo di Berneri può definirsi come un anarchismo antidogmatico, revisionista ed eclettico. Esso è frutto anche di una contingenza storica particolare, ovvero l’esaurirsi dell’anarchismo nato nel 1872, stretto tra il sorgere dei fascismi e dei nazionalismi da un lato, e il nascere del movimento comunista internazionale, sorto sulla scia della vittoriosa rivoluzione d’ottobre, della quale non si conoscono ancora contraddizioni ed orrori, e che così tanto fascino esercitava sulle masse proletarie, stremate dalla guerra e dalla miseria crescente.
Berneri si trova a riflettere, nel periodo che va dall’affermarsi del fascismo in Italia alla guerra civile spagnola, sulle cause della crisi dell’anarchismo, della quale intuisce la portata storica. L’antidogmatismo di Berneri era confliggente con il dogmatismo nel quale tendeva a rinchiudersi l’anarchismo d’allora. Per esempio mosse delle critiche al tradizionale ateismo anarchico, sostenendo invece una posizione agnostica.
Polemizzò duramente con le concezioni “ultra-individualistiche” e antiorganizzatrici che avevano spaccato il movimento anarchico impedendone il radicamento sociale. Ugualmente Berneri criticava le teorie economiche rigidamente comuniste e collettiviste optando per una posizione di eclettismo. Anche qui si può notare il lascito malatestiano, in particolare per quanto riguarda la distinzione tra i giudizi di fatto e i valori.
Questa distinzione si traduce in una distinzione tra dimensione economica e dimensione politica: la dimensione politica si basa comunque su un giudizio di valore, la dimensione economica su un giudizio di fatto. Tale approccio porta Berneri a scrivere: «Sul terreno economico gli anarchici sono possibilisti (…) sul terreno politico (…) sono intransigenti al 100%».
L’anarchismo può essere, di volta in volta, mutualista, collettivista, comunista, individualista (o combinazione di queste dottrine) mentre non può che rimanere rigido nel campo politico, ovvero nella negazione dell’autorità. Conciliare realismo ed idealismo è quindi quello che il revisionismo di Berneri si pone come obiettivo. All’antidogmatismo di Berneri nel campo economico e filosofico, corrisponde un antidogmatismo anche in campo polittico.
Berneri critica l’astensionismo anarchico, che si era tramutato da strumento tattico e mezzo di agitazione, in un periodo in cui peraltro la gran parte della popolazione era priva del diritto di voto, ad un vero e proprio dogma, una specie di elemento di costume di cui il movimento anarchico si serviva per mantenere integra la sua fragile identità.
Come si può notare, la gran parte dei dubbi e dei nodi che Berneri ha affrontato sono ancora oggi attuali, purtroppo Berneri non ha potuto portare a termine le sue riflessioni data la sua prematura scomparsa. I dubbi di Berneri sono i dubbi dell’anarchismo stesso, quando questi inizia a comprendere i propri limiti e le ragioni della propria sconfitta.
L’epistolario
La vita, l’impegno politico, l’intenso lavoro intellettuale di Camillo Berneri traspaiono dal suo ricco epistolario. Da esso, infatti, emergono le idee, le letture, le critiche, la fatica e il piacere dello scrivere, i fatti di una biografia che si costruisce nella “Reggio di Prampolini”, nell’Italia del fascismo e, ben presto, in una terra d’asilo, la Francia, e in una di lotta, la Spagna.
Nell’epistolario sono conservate lettere di Berneri a suoi corrispondenti, ma soprattutto le lettere che a Berneri scrivono personalità dell’antifascismo come Piero Gobetti, Gaetano Salvemini, Max Nettlau, Pietro Nenni, Carlo Rosselli, Mario Bergamo, Alberto Jacometti e molti altri ancora. Sebbene siano numerose le lettere di corrispondenti anarchici (non mancano quelle del reggiano Torquato Gobbi), nell’epistolario emerge anche il quadro dei complessi e variegati rapporti con personalità che non fanno parte del movimento anarchico – repubblicani, socialisti, militanti di Giustizia e Libertà – il che dimostra come Berneri sia esente da pregiudizi settari e/o da intolleranze ideologiche.
Berneri nella Guerra civile spagnola
Il tentativo di Berneri di conciliare realismo ed idealismo caratterizza anche l’attività militante svolta in Spagna prima del suo assassinio.
Berneri si trova a denunciare la mancanza di una chiara strategia politica degli anarchici spagnoli,- oscillanti tra un intransigentismo di principio, impossibile per la presenza di altre forze rivoluzionarie, e per le condizioni particolari in cui si dibatte la rivoluzione – e un arrendevole atteggiamento compromissorio. Il primo caratterizzava la base, il secondo invece era appannaggio dei vertici, dei leader carismatici di CNT e della F.A.I., che ad eccezione di Buenaventura Durruti e pochi altri, accettarono la ricostituzione del governo centrale e periferico dello Stato, finendo persino per ricoprire cariche istituzionali.
Essi giustificavano questo fatto affermando che la rivoluzione sociale doveva essere subordinata alla lotta antifranchista e che la realizzazione del programma comunista anarchico, definito nel congresso della CNT (Saragozza 1936) avrebbe comportato l’instaurazione di una «dittatura anarchica».
Per Berneri, viceversa, guerra e rivoluzione dovevano procedere congiunte, perché la sconfitta dell’uno avrebbe determinato, come logico corollario, la sconfitta dell’altro. Il popolo spagnolo, infatti, era insorto non solo contro Francisco Franco, ma anche per un mondo nuovo, più libero e più giusto.
I fatti dettero ragione a Berneri. Lo scontro tra anarchici e sinistra antistalinista da un lato e comunisti e partiti borghesi dall’altro, determinato anche dalla politica compromissoria della CNT fece precipitare la situazione. Lo smantellamento progressivo di tutte le conquiste rivoluzionarie, il compromesso con i partiti e gli «Stati borghesi» (Francia e Inghilterra) la sempre più evidente interferenza sovietica, il delinearsi sempre più chiaro e netto di una sorta di dittatura bolscevica portarono alla disillusione fra le file degli autentici rivoluzionari. Migliaia di anarchici abbandonarono indignati il paese, lo sconforto si tramutò in disfatta.
In Spagna si vide il “fascismo rosso” – come lo definì Elio Vittorini – al lavoro e questo fascismo rosso portò alla vittoria il fascismo vero. Berneri, preoccupato di questa involuzione autoritaria, denunciò, dalle colonne di «Guerra di classe», le manovre controrivoluzionarie dei comunisti e il tradimento dei leader sindacali. Per questo venne ucciso senza pietà.
Con la morte di Berneri e la sconfitta della rivoluzione libertaria in Spagna si chiude definitivamente una fase storica dell’anarchismo. La repressione da parte dei regimi totalitari e la seconda guerra mondiale ridurranno il movimento anarchico a poco più di un movimento residuale. Ma gli “anni 60” e la nuova contestazione antiautoritaria del 68 porteranno nuova linfa al movimento anarchico e l’ideale libertario sarà nuovamente di attualità.
Bibliografia
- Enciclopedia U.T.E.T.
- Stefano d’Errico, Anarchismo e politica. Nel problemismo e nella critica all’anarchismo del ventesimo secolo. Il ‘programma minimo’ dei libertari del terzo millennio. Rilettura antologica e biografica di Camillo Berneri, Mimesis Edizioni, 2007, Milano)
- Massimo Granchi Camillo Berneri e i totalitarismi (Tesi di laurea).
- Fonte; anarcopedia
il video di un bellissimo canto anarchico, Figli dell’officina http://youtu.be/uGQCE2RRdcI
e uno più moderno della Banda Bassotti, Figli della stessa rabbia http://youtu.be/BbLW-51Yc9g
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Genova 2001-2011 Carlo vive ! http://youtu.be/N07IYFWkF68
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Maremma Libertaria Esce quando può e se e come gli pare. Numero due , 2 luglio 2011
In Redazione,tra i cinghiali dei boschi dell’alta maremma, Erasmo da Mucini, Ulisse dalle Rocche, il Fantasma della miniera, le Stelle Rosse stanno a guardare, Complici vari e Ribelli di passaggio.
Nostra patria il mondo intero, nostra legge la Libertà, ed un pensiero ribelle in cuor ci sta
Potranno tagliare tutti i fiori, ma non riusciranno a fermare la Primavera
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