Note sulla Fotografia sociale
“Levate le serrature dalle porte, togliete anche le porte dai cardini !” (Allen Ginsberg, Urlo, 1955)
La Fotografia non registra l’esistente. Un approccio di questo tipo sarebbe limitativo per voi, per le vostre potenzialità, per la buona riuscita del corso stesso.
La Fotografia non è avere una buona macchina, un buon manuale, un pò di occhio per la luce, nè, tantomeno, seguire pubblicità demenziali del tipo “non pensare, scatta!”.
Non è neppure solamente mettere in linea mirino, occhio e cuore, come raccomandava il grande Henry Cartier Bresson. O vagare per l’Europa degli ultimi come il primo Josiseph Koudelka, o confezionare grandi lavori emotivi-estetici come Sebastiao Salgado o rigorosi come Francesco Zizola. Parlo a titolo personale, Daniela Neri alcune cose le condivide, altre no. Mario Giacomelli e Paolo Pellegrin, Letizia Battaglia penso ci uniscano.
Daniela è quella buona, io quello cattivo, abbiamo cominciato quasi per gioco 7 anni fa, e ormai abbiamo passato la linea del non ritorno, dovete saperlo. Non è un corso a “favore”, non sarà facile e neppure gradevole alle volte. Certo, faremo teoria e pratica, uscite e gite, incontri e scontri, ci misureremo con portfoli ed omaggi a fotografi scomodi, con un tema a fine anno per la mostra finale, primo passo verso l’ignoto. Ma, se avete dubbi, se a Natale mollerete perchè il cane ha il raffreddore, la fidanzata/o, finalmente, vi ha lasciato, se non vi sforzerete di fotografare e discutere, condividere le vostre imprese con noi e i compagni di avventura, NON ISCRIVETEVI. Non perdete tempo con due squilibrati che fanno un corso nell’ex manicomio. In caso contrario vediamo di cambiare prospettiva! Il nostro non è solo un corso, ma vuole essere una scelta consapevole.
La nostra Fotografia si fa braccio armato della nostra e altrui sofferenza, sensibilità, desiderio. Deve essere uno sguardo ulteriore verso una realtà taciuta ed ignorata, annichilita da un diluvio di immagini che con la Fotografia non hanno parentela, neppure alla lontana.
Per essere reali oggi bisogna fotografare l’impossibile, l’indicibile. Brandelli di Umanità, fantasmi erranti della Libertà, molliche di Policino di Memoria Storica, ma, soprattutto, l’altro dal visibile.
Iniziare a vagare per le città con sguardo nudo senza riconoscerle, senza dare mai più niente, niente, di scontato.
Immaginate di tornare da uno dei tanti inferni in Terra, con la bocca ancora impastata di sabbia e morte, con la sensazione, nuova, di essere finalmente vivi. Come credete che vi appariranno quel supermercato, quel negozio di griffe, quelle persone vacue, buone, ignare? Le riconoscete ancora? Sono come noi/intorno a noi…. o forse adesso ne cogliete fotograficamente l’orrore, l’Orrore…. ( Ah !, la fotografia di Storaro in Apocalipse Now !…)
Fotografare può essere ben più di una coperta robusta alla Linus.
Fotografare può essere la nostra zattera nel mare in tempesta oltre le colonne d’Ercole. Un viaggio comunque di sola andata. Perchè come diceva Camillo Berneri a proposito dell’Utopia (la Fotografia) accende una stella nel cielo della dignità umana, ma ci costringe a navigare in un mare senza porto.
Benvenuto a chi vorrà fare un tratto di mare insieme a noi, sperando di sfuggire agli squali…
Stefano Pacini-Fotografi Contro e mail stefanoulisse@libero.it
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