Vittorio Porretta, il Mir Sada, Mostar
E’ niente, è come noi.
Perchè in realtà noi non siamo niente,nessuno.
Siamo un gruppo di amici che fanno colazione alle sei di mattina in un vecchio e fumoso bar, di un paesino sperduto dal nome impronunciabile, in una terra straniera appestata da venti di guerra.
E’ sufficiente che la fotografia di noi vada in mano ad un estraneo perchè cambino le proporzioni.Bastava che ci posizionassimo mezzo metro più in alto di quanto fossimo e chiunque poteva confermarlo: nonostante tutta la grandezza che io sentivo,noi non eravamo niente.
Il nostro amore per la Bosnia ,al tempo, non può ammettere uno sguardo estraneo,disincantato.Si avvilirebbe e morirebbe se solo accettasse questo.
E’ accaduto. Forse.
Ma senza dubbio un amore del genere è un grande fatto leggendario,e ogni leggenda,grande o piccola che sia,è di per sè sproporzionata se non la si vive con lo sguardo incantato.
Quando ci penso ho ancora quello sguardo,lo stesso di quella mattina,di molte altre mattine ,pomeriggi,sere: incanto di te, Vittorio, della Bosnia,della vita che si andava sciogliendo da ogni nostro gesto,da quel niente che poteva sembrare all’occhio delle proporzioni,una vastità incolmabile.
Non sto raccontando una storia leggendaria,la sto vivendo tale e quale la vivevo al tempo in cui si svolsero realmente i fatti.Mi chiedo se questo è bene,e mi chiedo per cosa valga la pena vivere una vita se non per la leggenda che contiene in sè. E tu Vito ne hai colto la grandezza.
“Come sono piccoli gli uomini” si diceva spesso…..e questa piccolezza è la loro grandezza, la tua.
Abbiamo discusso di mille cose,ma non di questo,di chi sei stato tu,Vittorio.
Ho paura di quello che avresti potuto dirmi,di come lo diresti dell’espressione del tuo viso,del movimento delle tue mani mentre cerchi di dirmi qualcosa prendendoti il tempo per dirmela in modo giusto,con un occhio alla strada e uno a me,sorridevi, e questo bastava.
Dove siamo arrivati amico mio…
Quanta strada anche oggi,il destino ci ha riunito oggi,per poi risepararci alla fine della strada.
Siamo arrivati in Bosnia per caso,per un tuo sogno un progetto,per la tua forza di volontà.
Tutto il tempo trascorso insieme, rubandolo alla routine delle nostre vite,è rimasto in me lasciando un dolce riverbero.
Possedevi per natura un ottimismo e una forza che ti permettevano di non mostrare agli altri i tuoi momenti di debolezza interiore,andando avanti per la tua strada senza paura.
Ma io i tuoi occhi lucidi me li ricordo,me li ricordo bene, mentre guidavi e dicevi quello che non eri riuscito a fare per quella gente. Pensavi,lo chiamavi il resoconto, esame di coscenza del viaggio.
Trattenevi le lacrime, ti tremava la voce.
Grazie per aver condiviso con me le tue fragilità,che a guardar bene a volte erano simili alle mie.
Molti viaggi, molta strada alle spalle,e molta ad attenderci nel futuro,una parte l’abbiamo percorsa insieme, con tanti amici,pochi quelli veri, che hanno saputo capire le tue ragioni,i tuoi istinti,i tuoi silenzi.
Qualcosa è andato storto,sono cambiate le proporzioni,alcuni amici sono diventati estranei, hanno strappato la fotografia, tu eri al centro dello strappo.Un gruppo,due anime.Te ne sei andato piano piano,senza far rumore,lo sapevi fin dal principio.
Avevi insistito perchè io imparassi il tuo ruolo, perchè hai scelto me?
Mi hai affidato ciò che avevi iniziato,un tuo sogno, per qualche anno sono andata avanti,ma poi ho dovuto abbandonare il fardello affidatomi,ero sola, per un pò ci sono stati altri ma uno alla volta hanno lasciato il gruppo. Non avevano più nulla in comune con le nuove idee di politica degli aiuti, avevo paura di morirne schiacciata,propio come te.
La leggenda a poco a poco sbiadiva.
Conservo ancora la fotografia.La cosa buffa è che per metà è sbiadita,per metà è viva.La parte sbiadita è quella della carovana che ha scelto una strada diversa dalla nostra, quella faticosa ricca di sapere e conoscenza,che costa in tempo e denaro.Hanno scelto l’autostrada, dritta e senza curve.
Ora qualcun’altro ha scelto per noi, per te.
Abbiamo percorso tanta strada. L’ultimo pezzo insieme è stato il più duro,il più doloroso,ti sei fermato a riposare,io sto ancora camminando con te nel cuore.
Buon viaggio Vittorio, buon cammino ovunque tu vada,forse un giorno potremo incontrarci di nuovo lungo la strada.
Tu hai vissuto in pieno la tua vita, non saremo mai famosi per questo, nessuno ci costruirà statue,ci darà medaglie,ci farà un film,abbiamo solo fatto quello che ci dettavano cuore e coscienza.
Non eri, non siamo, stinchi di santo, ma quello che abbiamo avuto nessuno potrà togliercelo mai.
Non eri, non siamo, stinchi di santo, ma quello che abbiamo avuto nessuno potrà togliercelo mai.
Ti voglio bene
Romana
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Vittorio così diverso da noi, s’ incantava a guardarci, disordinati, senza lista “clienti”, vestiti estivi di novembre e con un furgone scassato prestato dai frati di Piombino (che qui tutti ci dicevano bravi, ma poi se non fosse stato per i compagni frati si andava a piedi..)E noi ci incantavamo a guardare Vittorio,così perfetto e organizzato nell’impresa da essere un capo naturale, ed allo stesso tempo così incasinato, vitalistico,affettuoso,scherzoso. Dal primo momento che lo incontrammo per caso a Mostar fummo subito sulla stessa lunghezza d’onda, subito fratelli, anche se avevamo 35 anni ….Ecco, questa è stata una delle cose più belle che ci potesse accadere: fare un tratto di strada assieme a Vittorio, a Romana e a tutti gli altri. E se c’è un rimpianto vero è il fatto di non poter essergli stati accanto quando ci ha fatto quell’ultimo scherzo, e se ne è andato.
Però noi non ti dimentichiamo Vittorio e ti portiamo sempre con noi, nel nostro cuore e un poco nelle nostre sempre sgangherate imprese, che ti farebbero sorridere e incantare, oggi come allora.
Ciao.
Stefano
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