Amianto, il caso dimenticato della cooperativa Vapordotti

Amianto, il caso dimenticato della Cooperativa Vapordotti

Reportage | 24 febbraio 2012 pubblicato su www.frontierenews.it


Lo scenario è suggestivo: Larderello, le centrali Enel geotermiche sparse tra l’Alta Val di Cecina e le Colline Metallifere, a cavallo delle province di Pisa, Grosseto e Siena. Il paesaggio attraversato da decine di km di tubi sospesi in aria, i soffioni di vapore con il caratteristico odore di uova marce, piccoli paesi la cui economia ruota intorno a questa energia alternativa che pone la Toscana all’avanguardia. Ma il rovescio della medaglia si chiama amianto. Se ne parla poco, si minimizza, per alcuni è una storia vecchia. Per altri una ferita aperta e una ballata che sta facendo il giro d’Italia.
“Il mio cruccio più grande è di non esser riuscito ad impedire nei tempi appropriati la dispersione dell’amianto nelle zone industriali della geotermia. Ho cercato disperatamente di denunciare, coinvolgere istituzioni, sensibilizzare le aziende, ma una cappa di piombo psicologico, forgiato da interessi, incompetenze, avidità e irresponsabilità, hanno reso in parte vano l’impegno delle persone più tempestive nel comprendere la pericolosità dell’amianto.”
Marco Chiavistrelli non le manda a dire, non l’ha mai fatto. Ex combattivo operaio Enel dell’Alta Val di Cecina, cantautore, animatore del comitato amianto e geotermia, con una patologia professionale di asbesto in forma lieve. Marco è un fiume in piena, parla con calma però, citando decine di episodi che lo hanno visto coinvolto: le denunce alle ASL, l’amianto che fasciava i tubi che affiora un po’ ovunque, i boschi irrimediabilmente inquinati, il suo non voltar la testa, le minacce ricevute più o meno velatamente.
“Nel 1988 un corso aziendale Enel ci disse della nocività mortale di questo materiale salvo poi far poco o niente fino al 2000 e passa. Cosa accadde nel mezzo? Che furono disperse tonnellate di fibre in giro sia nei lavori di manutenzione che di ristrutturazione che di sterro che di innovazione. Chi ha pagato per questo? Nessuno.

 

Cosa dice la sentenza Eternit di questi giorni? Parla di fatti e responsabilità analoghi, quasi paralleli a quelli della geotermia toscana. Disastro ambientale e inquinamento con dolo. Esposizione dei lavoratori ai rischi dell’amianto con possibilità di morte o malattia. Come chiamare altrimenti, nelle nostre zone, il rivoltamento di decine di siti già segnalati e monitorati in controlli e mappature aziendali, e poi allegramente devastati da ruspe, attività nuove, manutenzioni diverse e rinnovamenti di impianto? Molte di queste irresponsabili azioni sono proseguite almeno fino al 2006 e passa! Come chiamare l’inadempienza ad appicare leggi normative e sistemi di prevenzione e protezione? Anche dopo il 2000? E dopo ancora? Si continuava a lavorare con amianto e senza protezioni e in zone esposte e soprattutto in ambienti rivoltati dalle operazioni assurde poco lì vicino, di cui dicevo prima. Cosa facevano lo Stato, la Regione o il Comune al contempo? Poco o niente, giungevano tardi e male e sempre dopo.
Non hanno prevenuto un sito, non hanno fatto un intervento che non fosse stimolato da un comitato! Volevano denunce scritte di poveri lavoratori impauriti quando sarebbero dovuti intervenire d’ufficio, come per uno stupro, un omicidio eclatante. Tutto questo ha prodotto un bacino di morti, malati e soprattutto di esposti al rischio nei tempi anche futuri assolutamente e stoltamente evitabile.
Chi ha pensato alle nuove generazioni se si mandavano a sterpare dove si sapeva c’era amianto e abitazioni vicine? Chi cercheranno i giovani di allora quando (speriamo di no!) si ammaleranno? L’idea che carriera e imbecillità vanno di pari passo ha prevalso sulla gente per bene e le speranze ignare dei cittadini. Non si è pensato nemmeno ai figli, alle mogli, ai fratelli, agli amici, ai concittadini. Nemmeno e soprattutto ai nipoti.

 

Chi nega tutto ciò, adducendo spese, impegni, conferenze e piani di bonifica successivi, è in malafede, perché finge di non sapere che il disastro ambientale è avvenuto nel trentennio precedente il 2007, e molto proprio nell’ultimo periodo quando si decise di bonificare in aria (le tubazioni) “dimenticando” l’amianto a terra già conosciuto e monitorato”.
Alla fine però l’impegno di Marco qualche risultato l’ha sortito: nasce il comitato amianto e geotermia e Franco Berti, un vecchio operaio della cooperativa Vapordotti (che svolgeva il lavoro più infame, quello di stuccare con amianto le giunture dei tubi già fasciati di questo materiale), racconta la storia di venti operai, diciotto dei quali morti lentamente di asbesto, di mesotelioma pleurico.
Marco mette in musica il suo sdegno: crea una canzone, scritta da operai per operai: “La Cooperativa Vapordotti”. La ballata segue e precede dibattiti, cortei, incontri al ministero, vaga come un fantasma dalle colline toscane per tutta l’Italia, arriva su Youtube. La Cooperativa Vapordotti, la ballata dei dimenticati, una canzone da combattimento.
http://youtu.be/wGZVoxF4yYY videointervista e ballata