Alla Ricerca del ’68 Perduto – Un Racconto per Immagini

(dedicato all’Ortensia e ai suoi frequentatori sparsi per il mondo)

A tanti anni dal Maggio, quel Maggio “che ha fatto a meno del vostro coraggio”, che senso ha rispolverare delle foto in bianco e nero dei ragazzi di allora, manifesti spiegazzati, volantini immaginifici e riviste colme, più che d’inchiostro, di Utopia? E ancora, c’è un filo esile che collega quel decennio mitologico, quello che va dal ’68 al ’77, la grande ondata rivoluzionaria e creativa che parve riuscire nel suo assalto al cielo, ai tristi tempi moderni ?
La battaglia di Valle Giulia del marzo ’68 tra studenti e polizia è l’antenata di quella del 14 dicembre 2010 a Roma?
E tra fine secolo inizio del terzo millennio, si è persa la speranza di un mondo migliore, o il fiume carsico della ribellione sta per tornare a vedere la luce?
Sono passati molti anni, ere geologiche intere in questo frattempo. Eppure ,come ci insegnano le rivolte di questi mesi nel mondo arabo, una scintilla può sempre dar fuoco alla prateria, che oggi come ieri non c’è pace possibile senza giustizia. Allora gettare un’occhiata a questo racconto, farsi qualche domanda, qualche ricerca pensosa sulle nostre radici, ci può essere utile per riannodare quel filo rosso che la Storia sembrava aver sepolto con il disprezzo tipico dei vincitori verso i vinti. Forse è il momento di rialzare la testa, riprendere in mano il nostro destino dirsi che, sempre e comunque, “Ribellarsi è giusto Ribellarsi è possibile”.
Infine non è un caso che, pur parzialmente per motivi di spazio, questo lavoro faccia tappa all’Ortensia di Siena.
Questo è un minuscolo bar,ma con una forte anima, luogo frequentato per decenni da studenti e persone non omologate, non abituate a chinare il capo di fronte al Potere.
Questo spazio entro l’estate chiuderà. Essenzialmente perchè i detentori di quello che viene considerata la morale pubblica, il senso del decoro e dell’ordine, hanno fatto di tutto per affondarlo. E questa città, senza questo piccolo, scombinato spazio, sarà molto più povera e triste.
Non pieghiamo la testa, difendiamo ovunque la Libertà, la nostra Storia, la nostra Memoria

“Alla Ricerca del ’68 Perduto”  video 9’50”  musiche Banda Militante della Maremma

La storia dell’Oste di Prata che mise in fuga da solo una squadra di fascisti

Raccontata dai nonni, poi dai padri, poi…………….

L’oste di Prata (Nostra patria è il mondo intero)
di Alberto Prunetti
[Il 28 aprile di molti anni fa moriva Benito Mussolini. Colgo l’appuntamento col calendario per raccontare un frammento di memoria ribelle lievitato nei racconti orali di Stefano Pacini e nell’ascolto del cd Libertaria di Marco Rovelli] A.P.

“Nostra patria è il mondo intero” mi gira in testa ogni volta che passo da Prata, paese minerario delle Colline metallifere. L’associazione del canto di Pietro Gori con Prata è mitica e leggendaria, e non può fondarsi su basi storiche acclarate. Eppure sono molte le testimonianze di vecchi maremmani, peraltro avvinazzati, che mi riportano un aneddoto che nel suo carattere paradossale e iperbolico deve riaffermare comunque un’ombra di verità. Una storia di quelle che raccontano i poeti a braccio quando sono gonfi di vino. Una storia così bella che deve essere per forza vera.
Eccola.
C’era una volta a Prata negli anni successivi alla Grande guerra un oste anarchico. Alto, grosso, anzi, enorme, con la barba folta e la voce tonante, come dev’essere giustamente un oste anarchico. Un omone, di quelli che non avevano paura di niente. Neanche della teppaglia fascista che cominciava a passare sempre più spesso da Prata, facendo la spola tra l’entroterra senese e la costa grossetana. Quando li vedeva, i fascisti, lui buttava giù un gotto di vino, gonfiava il petto, e attaccava il canto di Pietro Gori: “Nostra patria è il mondo intero, nostra legge è la libertà/ e un pensiero/ ribelle in cor ci sta”.
Cantava e tremavano i vetri delle finestre, con sdegno di un proprietario terriero, uno di quelli che allora si chiamavano agrari. E proprio il signore dei latifondi, stanco di quel tremolio di vetri, chiese ai suoi funesti compagni di partito che un’ignobil teppa provvedesse a tappar la bocca a quell’oste anarchico che pareva un tenore della rivoluzione proletaria appena scongiurata.
E così un giorno imprecisato del 1921 arrivarono da Siena – perché i vigliacchi venivano da fuori, per non essere oggetto di ritorsioni – dieci sgherri delle milizie nere, sicuri della superiorità numerica e certi di avere a che fare con un bischero tolto all’agricoltura. Erano le sei del pomeriggio, ma era autunno e già calavano le tenebre. I facinorosi parcheggiarono il camion e entrarono nell’osteria. Dentro li aspettava l’oste, che vedendoli non si perse d’animo.
_”Lor signori arrivano per me, immagino”, disse asciugandosi le mani sul grembiulone sporco quell’uomo immenso, che sovrastava i convenuti.
_”Immagina bene”, rispose un fascista, mentre gli altri si davano al riso, lisciandosi le mani e confidando nel numero e nei manganelli che avevano appoggiato, assieme all’olio di ricino, fuori dell’uscio.
_”Bene”, replicò l’oste. “Allora, prima di risolvere i nostri affari, lasciate comunque che, in onore del posto di cui sono ospite, io vi offra un bicchiere di vino.”
Stupiti e ammutoliti rimasero i nerocamiciati, non aspettandosi un invito al nettare di Bacco. Qualcuno pensò che l’oste fosse un po’ tocco in capo, da non aver capito che erano venuti a malmenarlo. “Comunque, tant’è, leviamoci la sete e poi paghiamogli il conto a legnate”, pensarono quei tristi.
_”Oggiù, ci offra dunque questo vino e poi veniamo al dunque.”
E allora l’oste tolse da una mensola sul muro un vassoio pieno di bicchieri piccoli, i cosiddetti gotti, e ne mise in fila sul banco undici. Dieci per i fascisti, e uno per sé, tutti in fila belli allineati. I fascisti ridevano, non credendo alla stoltezza di quell’omone gosto.
A quel punto l’oste anarchico – e qui tutti quelli che mi hanno raccontato questa storia dicono che è vero, che proprio è andata così – prese da un angolo dell’osteria una damigiana di rosso, di quelle da 54 litri, la sollevò per il collo con una mano sola e la abboccò al primo gottino con un polso saldo delle dimensioni di un mattone cotto in una fornace.
Gli italianissimi ammutolirono.
Senza che il braccio accennasse a una vibrazione, colmò il primo gotto, alzò il collo della damigiana e passò al secondo, lo riempì, e poi andò avanti, uno dopo l’altro, fino all’undicesimo, stando ben accorto a che non una sola goccia macchiasse il marmo del bancone.
Tanto fu lo spavento che i fascisti liberarono quello che Dante chiama “un triste fiato”.
Intuendo col naso il puzzo di quei villani, l’oste cercò di rassicurarli:
_”Che volete, signori, il mestiere mio lo so far bene”. E detto questo l’oste depose la damigiana a terra, sollevò il bicchiere e brindò a Pietro Gori.
Bevvero i fascisti per non contrariare l’oste, poi si scappellarono e cominciarono a arretrare verso la porta.
_“Ovvia, noi si ripartirebbe, allora…”
_”Vadino signori, che la strada verso Siena è lunga e perigliosa…”, li congedò l’oste anarchico.
Il camion degli squadristi si era appena rimesso in moto, che i vetri dell’agrario fascista tornarono a vibrare:
“Nostra patria è il mondo intero/nostra legge la libertà/e un pensiero/ ribelle in cor ci sta!”

Brevi e secche : Non se ne può più dello stamburio pseudo storico medioevalista! Ormai non c’è paese o sputo di case che non s’inventi un pretesto per una passeggiata storica, stamburata, sbandierata, palio, palietto, freccette, balestre e corse varie. L’ epidemia dilaga senza sosta, siamo arrivati al punto di dover subire dopo il glorioso palio dei ciuchi di Roccastrada (costretto per regolamento prefettizio a non usare più ciuchi veri ma di legno, come i bimbi piccini !) la notte dei pirati a Porto Ercole, la processione per il calendario pre gregoriano a Firenze, un convegno di Templari al terziere di cittanova a Massa M. e adesso la solenne sfilata in costume di Follonica, che, non sapendosi a cosa attaccarsi, si sono inventati il ricordo della visita del Granduca Leopoldo nel 1837 per inaugurare la chiesa di ghisa intitolata appunto al debosciato e becco sovrano. Ma basta ! Siamo rimasti in tre e pure un pò rinco, e ancora ce la stiamo a menare in costume con gli spadoni, prendendoci pure sul serio ! Peggio delle teste di cazzo leghiste col dio Po, le ampolle, i corni celtici e le camicie verdi ! Siamo nel 2011, pare, siamo ridicoli, basta, c’è i bimbi piccini, spettacolo di merda……

Elezioni 2011, a Castiglion della Pescaia, la bionda  ex astro nascente della casa dei segaioli, deputata, nonchè sindaco del paese, Monica Faenzi, è riuscita a farsi annullare la lista del PDL dalla commissione elettorale e dal Tar. Disperata ha chiesto ai cittadini di disertare le urne per lasciare al voto solo i comunisti ed invalidare le elezioni col non raggiungimento del quorum. Sicura di sè la domenica alle 22 ha esposto uno striscione dal balcone del suo comitato elettorale con scritto – solo il 37 % alle urne,castiglionesi, grazie ! – Peccato si fosse scordata che le votazioni continuavano il lunedì fino alle 15. Cosicchè il Centrosinistra ha avuto buon gioco ad esporre a quell’ora uno striscione con scritto – prego! il 52% ti ha mandato a casa !- Per la cronaca la lista di CS ha avuto il 95% dei voti, il 5% rimanente ad una lista alternativa di Mario Ferraro detto il Mostro. Sì, nella scheda era scritto così, come sull’elenco telefonico, controllare per credere. Il Mostro ha preso i 4 consiglieri destinati all’opposizione e dalla gioia si è portato a casa un’urna elettorale di cartone per ricordo. Non male anche a Gavorrano : qui comune da sempre rosso, chiamato non a caso “la piccola Russia” sede di Casa del Popolo che in anni non remoti esponeva l’insegna – Togliatti nel tuo nome l’Italia sarà Socialista- una faida tra il sindaco Borghi passato a Sinistra e Libertà e il PD che non avendo buttato giù il rospo si era dimesso in blocco facendo commissariare il comune ( mai avvenuto, operazione demenziale, della serie prendersi a martellate le palle per far dispetto alla moglie…) ha visto a questa tornata elettorale la presenza di 4 liste per la poltrona di Sindaco. Quella dei Ribelli ( Borghi, SEL e affini comunisti vari) quella del PD ufficiale, quella del PD non ufficiale che aveva invano tentato di mediare, e quella di un certo Yuri (padre comunista che non ha avuto una bella riuscita..) per il PDL. Quest’ultima lista ha preso il 15%, le altre tre di PD e Sinistra l’85%. Prima è arrivata la lista dei Ribelli, il Borghi ri è Sindaco dopo un anno di manovre inutili del PD. La candidata del PD ufficiale nell’ammettere la sconfitta ha dichiarato – c’è stato qualche imprevisto- sì, aggiungiamo noi, che il cervello, alle volte non è un optional.

Musica : Non so se hanno prodotto un cd come i Matti delle giuncaie reduci da un tour in Canada o i punk di Grosseto , gli Attitude che addirittura tramite internet son riusciti a mettere su con tanto di fan adoranti e poganti una tournee in Thailandia (!) ma Tito Bues Band, non è un gruppo è un mito. Andarlo a vedere dal vivo per credere. Sì, Tito non sarà un fine intellettuale nè un Jim Morrison del palcoscenico, è quello che è, pigro,bighellone,infingardo,figlio di un battitore all’aurli al cinghiale, cinghialetto esso stesso, ma quando imbraccia la chitarra e snocciola a memoria i mostri sacri del blues e Jimi Hendrix, si trasfigura, e anche voi rimarrete folgorati sulla via di Caldana, Lupo, Marsiliana, Massa Marittima e Monterotondo. Grandissimo.

Libri : Appena uscito per Effigi  il libro Ragazzo fiume di Alessandro Angeli,giovane scrittore ( appena diventato padre di Francesco !) e redattore grossetano, autore di varie opere, che abbiamo presentato anche all’osteria di Mucini o a Pianizzoli ai tempi del Fondo Daniele Boccardi ,tra cui mi piace ricordare Maginot per le edizioni Controluce. Ragazzo fiume trovo che sia un libro di svolta e maturità, il linguaggio stesso, simile a quello usato dalla scrittrice contadina Luciana Bellini, cattura e affascina riportando al mondo perduto della nostra infanzia selvaggia tra l’Ombrone e il West. Racconto di un giovane operaio della provincia maremmana amena e lontanissima dal resto del Paese nel ’66 quando tutto cambiò con la grande alluvione. “Si può essere scrittori senza scrivere, si può essere dentro una storia che è un libro non scritto e le sue parole sono lacrime e sudore”. Grazie Alessandro. Non perdetevelo.

Maremma Libertaria Esce quando può e se e come gli pare.     Numero uno,18 maggio 2011
In Redazione,tra i cinghiali dei boschi dell’alta maremma, Erasmo da Mucini, Ulisse dalle Rocche, il Fantasma della miniera, le Stelle Rosse stanno a guardare, Complici vari e Ribelli di passaggio.

Nostra patria il mondo intero, nostra legge la Libertà, ed un pensiero ribelle in cuor ci sta
Potranno tagliare tutti i fiori, ma non riusciranno a fermare la Primavera